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Procedimento disciplinare: sì all’accesso per ragioni di difesa in giudizio
L’accesso agli atti deve essere riconosciuto anche qualora venga in rilievo la tutela della riservatezza inerente un procedimento disciplinare

L’accesso agli atti deve essere riconosciuto anche qualora venga in rilievo la tutela della riservatezza inerente un procedimento disciplinare. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5004 del 30 ottobre 2017.
Nel caso esaminato dai giudici, un cittadino aveva presentato un esposto al Consiglio dell’ordine degli avvocati nei confronti di un legale, il quale avrebbe tenuto una condotta deontologicamente scorretta.
Non avendo notizie del seguito avuto dall’esposto, aveva chiesto di accedere agli atti relativi al procedimento disciplinare (verosimilmente) instaurato.

Accesso agli atti: riconosciuto anche nel caso di tutela della riservatezza

Il Consiglio aveva respinto la domanda, invocando, da un lato, la natura “riservata” del procedimento disciplinare degli avvocati, normativamente sancita dall’art. 58 della legge 247/2012, dall’altro il carattere non definitivo della sanzione eventualmente adottata (pur rappresentando al richiedente la possibilità di prendere visione degli atti una volta scaduto il termine per impugnare la decisione disciplinare ovvero alla conclusione del giudizio di secondo grado).
L’interessato aveva allora adito il TAR, il quale, con la sentenza appellata aveva accolto il ricorso.

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