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CGIA Mestre: “Prima di assumere, la PA paghi i 34 miliardi di debiti”
Il comunicato della CGIA dopo le dichiarazioni del sottosegretario Rughetti: al centro le elevate criticità relative ai ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione

Attraverso un comunicato emesso il 17 settembre scorso la CGIA di Mestre si focalizza sulla rilevante questione dei debiti della Pubblica Amministrazione e le conseguenti difficoltà delle imprese creditrici. “Prima di dar luogo a nuovi assunzioni – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo –  la Pubblica Amministrazione azzeri i debiti commerciali contratti con le aziende fornitrici che, secondo le stime della Banca d’Italia, ammontano a 64 miliardi di euro, di cui 34 ascrivibili ai ritardi nei pagamenti. Una piaga, quella dei mancati pagamenti, che, purtroppo, continua a mettere in difficoltà moltissime imprese private soprattutto di piccola dimensione”.

“Prima di assumere, la PA paghi i 34 miliardi di debiti”

È proprio questa la replica della CGIA alle dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana dal Sottosegretario alla Pubblica Amministrazione, Angelo Rughetti, che ha ipotizzato quasi 500mila nuove assunzioni nel Pubblico Impiego in sostituzione di altrettanti dipendenti statali che nei prossimi 4 anni andranno in pensione.
A causa dei mancati pagamenti della PA  – conclude Zabeo – negli ultimi anni sono state migliaia e migliaia le imprese private che lavorano per lo Stato ad essere state costrette a licenziare una parte dei dipendenti perché non in grado di sostenerne i costi. Quindi, prima di lanciare promesse  dal vago sapore elettorale, sarebbe bene conoscere e risolvere i danni che causa la PA al sistema privato che, in termini economici, non ha eguali nel resto d’Europa”.

Le valutazioni della CGIA

Ma chi lavora per la Pubblica Amministrazione, concludono dalla CGIA, non deve fare i conti solo con il ritardo dei pagamenti ma, anche, con gli effetti dello split payment introdotto recentemente da questa maggioranza di Governo.
“La nostra PA – segnala il segretario Renato Mason – non solo paga con un ritardo inaccettabile, ma quando lo fa non versa più l’IVA al proprio fornitore. Insomma, oltre al danno anche la beffa. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’IVA che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti di ogni  giorno. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto dal 2011, ha peggiorato la tenuta finanziaria di  moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione”.


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