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Relazione annuale INPS 2017: resoconto e prospettive
Il presidente Tito Boeri illustra il Rapporto: dal reddito di inserimento all’adeguamento dell’età pensionabile (con focus sul Pubblico Impiego)

Il presidente dell’INPS, Tito Boeri, ha illustrato ieri alla Camera il Rapporto e la Relazione annuale dell’Istituto per il 2017: tanti i punti di interesse toccati dalla relazione, dalle proiezioni del reddito di inserimento al bonus contributi di inizio carriera per incentivare i contratti a tempo indeterminato fino all’adeguamento dell’età pensionabile.

Relazione annuale INPS 2017: sintesi

5,8 milioni di pensionati italiani nel 2016 hanno avuto un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, il 37,5% del totale (15,5 milioni i pensionati), in calo dal 38% del 2015. Questi i primi dati che affiorano dalla lettura del Rapporto annuale INPS. Per le donne la percentuale di chi riceve meno di 1.000 euro al mese sul totale delle pensionate è del 46,8% (3,8 milioni di persone) mentre per gli uomini è del 27,1%.
Sono invece circa 1,06 milioni i pensionati che percepiscono più di 3.000 euro al mese.
I dati INPS confermano che nel 2014 si è arrestato il declino occupazionale e nel biennio successivo si è attivata la ripresa. Le posizioni contributive totali nel 2016 hanno superato i 22, 2 milioni come media di dati mensili e i 27 milioni come totale annuo (che prescinde dalla loro durata). Gli assicurati, al netto dei casi di presenza in più di una gestione previdenziale, nel 2016 hanno sfiorato i 25 milioni.

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Gestioni previdenziali: le tendenze

Considerando distintamente le dinamiche delle singole gestioni previdenziali si evidenziano, con riferimento all’ultimo quadriennio, tendenze:
– di crescita per i dipendenti e per gli operai agricoli nonché per i prestatori di lavoro accessorio;
– di contrazione per gli artigiani e per i collaboratori iscritti alla gestione separata;
– di sostanziale stabilità per i dipendenti pubblici, per i lavoratori autonomi agricoli e per l’eterogeneo aggregato dei commercianti.
Si può “pesare” la dinamica del numero di assicurati con il loro contributo di lavoro misurato in giornate lavorate (per i dipendenti di aziende private o del settore pubblico) o settimane (nel caso dei domestici) o mesi (per i lavoratori autonomi). Anche in tal caso si confermano le tendenze già indicate .
Dall’analisi dei dipendenti e delle loro giornate retribuite secondo la classe d’età – si legge nel rapporto Inps – emergono significative differenze tra settore pubblico e settore privato.

Il settore pubblico

Nel settore pubblico le dinamiche risultano negative per tutte le classi di età esclusa quella degli over 60: la contrazione è maggiore per le classi di età più giovani e vi è allineamento tra dinamica dei dipendenti e dinamica delle giornate retribuite per quasi tutte le classi di età. Ciò significa che il numero medio di giornate retribuite tende a rimanere costante; per i più giovani la variazione delle giornate retribuite è
maggiore della variazione del numero di dipendenti, il che comporta un incremento nel numero medio di giornate retribuite pro capite.

Il settore privato

Nel settore privato extra agricolo la dinamica sia del numero di dipendenti sia del complesso delle giornate
Alla crescita complessiva delle giornate retribuite (+3,8%) ha concorso sia l’allargamento della base occupazionale (+1,5%) sia l’allungamento medio delle giornate retribuite (+2,3%). A Nord Est si è registrata la dinamica più elevata in termini di dipendenti (+2,7% il Trentino Alto Adige, + 2,4% l’Emilia-Romagna, + 2,1% il Veneto) mentre le variazioni più consistenti delle giornate retribuite pro capite si registrano per diverse regioni del Centro e del Sud (con una crescita attorno al 4% troviamo Campania, Molise, Puglia, Calabria, Lazio, Basilicata). Schematizzando si può sostenere che nel Centro Sud ha prevalso il consolidamento dello “scalino” 2015 mentre a Nord Est e – meno intensamente – a Nord Ovest hanno prevalso le spinte all’allargamento del perimetro del lavoro dipendente con il nuovo slancio dei contratti a tempo determinato, stagionali e di somministrazione. In termini di solidità strutturale del lavoro la distanza tra Nord e Sud rimane ancora consistente: nonostante il recente recupero le giornate retribuite pro capite oscillano, a livello regionale, tra le 260 per la Lombardia e le 215 per la Calabria.

Reddito di inserimento

Boeri ha parlato anche del “Reddito di inserimento”, la misura destinata a prendere forma dal 2018. «È sicuramente un passo in avanti rispetto alle tante misure parziali introdotte negli ultimi anni (dal Sia all’Asdi, dalla social card alla car ta acquisti) – ha detto il numero uno dell’ente di previdenza -, ma è ancora una misura basata su condizioni categoriali arbitrarie» e «l’importo sembra anche troppo basso. L’Inps – ha comunque assicurato Boeri – è pronto, come richiesto dal decreto legislativo che istituirà il reddito di inserimento ad essere l’amministrazione centrale che seleziona, in collaborazione coi Comuni, i beneficiari».

L’INPS costa allo Stato circa 3 miliardi all’anno

Il presidente dell’Istituto ha affrontato anche il tema dei costi dell’ente. «I costi complessivi della macchina nel 2016 – ha affermato -, al netto dei riversamenti all’erario per l’Irpef dei dipendenti, sono stati di 3,3 miliardi. Quindi, a fronte di circa 440 miliardi di prestazioni erogate, l’Inps costa allo Stato italiano poco più di 3 miliardi l’anno».


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