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Le società strumentali non vanno dismesse
La rottamazione delle partecipate non trova applicazione

Fonte: Italia Oggi

Dopo l’approvazione definitiva della manovra d’estate (con la legge 122 di conversione del dl 78) si susseguono dibattiti sulla reale portata del comma 32 dell’art. 14 che, dopo la precisazione «fermo quanto previsto dall’art. 3 commi 27, 28 e 29 della legge 24 dicembre 2007 n. 244» vieta ai comuni con popolazione inferiore ai 30 mila abitanti la possibilità di costituire società e obbliga gli stessi a porre in liquidazione o a cedere le quote di quelle già esistenti entro il 31/12/2011. Il discorso non cambia per i comuni con popolazione compresa tra i 30 mila e i 50 mila abitanti i quali possono detenere la partecipazione di una sola società. Nessun divieto, invece, per i comuni più grandi. Unica eccezione al precetto è prevista per la prima fascia di popolazione, anche se dovrebbe valere comunque per la seconda, e consiste nell’ipotesi di società con partecipazione paritaria ovvero con popolazione proporzionale al numero degli abitanti costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30 mila abitanti. Diversi autori si interrogano su come interpretare quel «fermo quanto previsto» e le correlazioni e sovrapposizioni esistenti tra le diverse norme di pari livello. Ricordiamo che l’art. 3 della legge finanziaria 2008, ai commi 27, 28 e 29 fa divieto alle amministrazioni pubbliche di costituire società, ovvero di assumere nuove partecipazioni ovvero di mantenere quelli esistenti laddove esso non siano strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente socio e il conseguente obbligo di cedere a terzi le società e le partecipazioni vietate entro il prorogato termine del 31/12/2010. Il comma 27, tuttavia, fa salvo il mantenimento di partecipazioni in società che producono servizi di interesse generale e le società di committenza (o centrali di committenza a livello regionale), cosiddette «strumentali», di cui all’art. 13 legge Bersani. Il dubbio interpretativo che sorge spontaneo è se queste ultime disposizioni sopravvivono comunque in presenza dei divieti della manovra estiva. Nell’ambito della gerarchia delle fonti, entrambe sono di pari livello legislativo. Nulla di più opportuno è costituito dall’emanando decreto interministeriale che dovrà determinare le modalità attuative del comma 32 dell’art. 14 della manovra estiva e disciplinare eventuali ulteriori ipotesi di esclusione dal relativo ambito di applicazione, il tutto entro il 28 ottobre 2010. Tuttavia in un’ottica di coerenza legislativa si può tentare di procedere ad una interpretazione che contemperi i diversi divieti e le diverse finalità che le leggi stesse intendono disciplinare. Il «fermo quanto previsto» è da intendersi che le disposizioni della finanziaria 2008 di cui ai commi 27, 28 e 29 dell’art. 3 sono pienamente applicabili a prescindere dal seguito disposto dal comma 32 dell’art. 14 della manovra estiva, mentre il seguito di quest’ultimo comma, costituito dai divieti al numero delle partecipazioni da parte delle amministrazioni pubbliche, non fa altro che rafforzare ulteriormente i principi della legge finanziaria 2008 nel senso di principio generale di limitazione del numero delle partecipazioni in società in relazione alle fasce demografiche. Diversamente la recente norma avrebbe specificato che era da intendersi conseguentemente abrogato ovvero modificato quanto disposto dalla legge finanziaria 2008. Invece, proprio la disposizione di «fermo quanto previsto» garantisce la piena validità della norma e quella successiva, rappresentata dalla manovra estiva, rappresenterebbe un addendum nel rispetto della prima. Così che se un comune con popolazione inferiore a 30 mila abitanti nel rispetto della legge finanziaria 2008 dovesse giustificare il mantenimento, ad esempio di tre società in quanto strettamente necessarie al conseguimento delle proprie finalità istituzionali ovvero svolgente servizi di interesse generale ovvero di natura strumentale, il divieto di non assumere alcuna partecipazione di cui al comma 32 dell’art. 14 non troverebbe applicazione nel caso in esame; viceversa, se le società a cui partecipa lo stesso ente non dovessero rispecchiare i requisiti di cui all’art. 3, comma 27 e seguenti della legge n. 244/07 ci sarebbe il divieto di assunzione di partecipazione di cui al comma 32 dell’art. 14 della manovra estiva, quale ulteriore principio limitativo di assunzione di partecipazioni societarie. Anche la possibilità di assunzione al massimo di una partecipazione da parte dei comuni della seconda fascia (da 30 a 50 mila abitanti) potrebbe essere letta come principio di limitazione di partecipazione ad una sola società, che comunque deve rispecchiarsi nei disposti di cui all’art. 3 commi 27, 28 e 29 della legge finanziaria 2008. Per i comuni più popolosi l’apparente assenza di divieti numerici alle partecipazioni dovrà comunque imbattesi nella verifica dei requisiti di cui alla finanziaria di due anni fa. Una diversa interpretazione non sarebbe sostenibile in presenza del «fermo quanto previsto», sebbene la Corte dei conti sembrerebbe avvalorare una interpretazione restrittiva.


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