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Niente segreti sulle società miste
Il Consiglio di stato apre la strada al controllo dell'assemblea sulle partecipate che gestiscono utility

Fonte: Italia Oggi

Società pubbliche miste senza veli per i consiglieri comunali. Il diritto di accesso previsto dal Tuel a favore dei politici locali non si ferma sulla soglia delle società partecipate dall’amministrazione, anche se interamente regolate dal codice civile. Questa la decisione del Consiglio di stato (sentenza della sezione V, n. 7083 del 23/9/2010), che per la prima volta interviene direttamente in materia ed equipara le società miste agli enti e aziende dipendenti dei comuni. Il problema è, dunque, se il diritto del consigliere comunale di ottenere informazioni e documenti possa essere esercitato nei confronti delle società, per esempio di servizi pubblici locali. Queste società, pur essendo partecipate dal comune, hanno autonomia imprenditoriale da parte dell’ente locale e, come tutte le società private, rivendicano una riservatezza aziendale. La questione affrontata dal Consiglio di stato mette di fronte l’autonomia d’impresa della società partecipata dall’ente pubblico e dall’altro il controllo pubblico, mediante l’accesso del consigliere. Si noti che l’oggetto dell’accesso potrebbe essere qualsiasi documento (contratti, documenti relativi a fornitori e clienti o comunque alla gestione d’impresa) che il consigliere stesso rivendichi come utile all’espletamento del suo mandato (articolo 43 dlgs 267/2000 o Tuel). Insomma da una parte abbiamo le prerogative societarie e aziendali alla riservatezza e dall’altro il controllo pubblico, sotto forma di trasparenza dovuto al politico locale. Nel caso concreto, un consigliere comunale ha chiesto a una società multiservizi (trasporto locale, energia e ambiente), partecipata dal comune, di avere copia dell’elenco clienti e fornitori e dei bilanci trimestrali. La società ha negato l’accesso sostenendo che questa forma di trasparenza è incompatibile con il diritto societario, che prevede forme di trasparenza a favore dei soci, ma con determinate modalità specificate dal codice civile. La società, quindi, ha ritenuto che il codice civile individui disposizioni speciali prevalenti sul Testo unico degli enti locali. A maggior ragione nel caso in cui la società pubblica non abbia avuto l’affidamento diretto del servizio (cosiddetto in house). Insomma la trasparenza societaria non prevederebbe deroghe o integrazioni. Il Tar in primo grado e il Consiglio di stato hanno dato ragione al consigliere. Secondo Palazzo Spada, il consigliere comunale, al fine di poter adempiere al proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza di ogni attività che riguarda la pubblica amministrazione. Nella decisione si legge che «tutto ciò che concerne l’attività della pubblica amministrazione in cui è incardinato il consigliere comunale non può non essere messa a sua disposizione». Al massimo si può rinviare l’accesso, ma solo in casi eccezionali; un accesso che non può mai essere negato in via definitiva. Applicando il principio al caso in esame, il Consiglio di stato rileva che una società mista, con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, costituita ai sensi dell’articolo 113 del Tuel, è sì una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali. E se è una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali «non può non ricadere nell’ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale». Lo statuto societario non può mai rappresentare un impedimento. Tutt’al più si tratta di disciplinare le interferenze con le norme di diritto civile, ma queste si possono risolvere facilmente. Per esempio la richiesta del consigliere va più correttamente diretta non alla società, ma all’amministrazione comunale che poi dovrà provvedere alle conseguenti operazioni per far pervenire al consigliere interessato la documentazione richiesta. Insomma la richiesta è filtrata dal comune: ma, conclude la sentenza, si tratta solo di una modalità operativa che non può certamente portare al diniego di accesso. Attenzione, il filtro comunale non può mai comportare un giudizio di merito sulla richiesta: in altre parole l’amministrazione comunale non può mai sindacare l’effettiva utilità al mandato delle informazioni richieste. L’utilità allo svolgimento del mandato è una prerogativa pressoché assoluta a favore del consigliere. Ai fini della trasparenza amministrativa la società mista è trattata come un ente dipendente o controllato dall’ente locale, nei confronti del quale già l’articolo 43 del Tuel prevede espressamente l’accesso del consigliere.


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