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Case low cost, il Comune detta le regole

Fonte: Repubblica, Milano

La novità saranno gli alberghi low cost, sul modello delle grandi città europee, oggi a Milano del tutto inesistenti. Ostelli di lusso, con costi di gestione molto ridotti, dove un posto letto costerà tra i 15 e i 30 euro a notte a seconda della zona, e una stanza privata dai 35 ai 50 euro al giorno o dai 350 ai 500 al mese, per una durata massima di quattro mesi. Ci saranno anche le case temporanee per coloro che si fermano in città per poche settimane (o mesi) come i parenti dei ricoverati negli ospedali, le residenze universitarie, nuove esperienze di co-housing (finora quasi tutte fallite per gli eccessivi costi di gestione). Oltre ovviamente agli appartamenti a prezzi convenzionati sia in vendita che in affitto, e all’edilizia cosiddetta sociale che andrà a sostituire gli attuali alloggi popolari dell’Aler. Parte l’operazione housing sociale. La delibera legata al Piano di governo del territorio, che per la prima volta mette ordine in una materia confusa fissando il primo regolamento di costruzione e gestione di case a basso costo, è pronta e sta per essere sottoposta al giudizio del consiglio comunale. Proprio ieri, in commissione Urbanistica, si è discusso del caso di 99 alloggi da affittare a canone ribassato tenuti vuoti per 20 anni per cui il Comune chiede una penale ai gestori di un milione di euro. Il documento, preparato insieme al Terzo settore, vuole dare una risposta concreta al drammatico problema della casa in città. «È la prima volta che Milano si dà un regolamento nel marasma dell’edilizia convenzionata – spiega l’assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli – . Finite le aree pubbliche dove costruire, bisogna intervenire su quelle private per superare il modello dei quartieri ghetto delle attuali case popolari e realizzare un mix sociale abitativo». Per farlo il Pgt stabilisce che nelle grandi aree di trasformazione, come gli scali ferroviari e le ex caserme, i privati avranno l’obbligo di costruire il 35 per cento di case a prezzi calmierati da destinare alle categorie più deboli, mentre nelle aree più piccole – ma sempre servite dalle infrastrutture – ci saranno degli incentivi (leggi aumenti di volumetrie) per chi vorrà contribuire all’operazione». In tutto il Comune ha calcolato che, se il Pgt dovesse diventare il nuovo Piano regolatore di Milano, entro 20 anni la città avrà 30mila nuovi alloggi low cost per un totale di 50-60mila persone. Appartamenti che verranno assegnati a persone a basso reddito che rientrano in una di queste categorie: giovani coppie, famiglie numerose, studenti universitari, genitori separati e non residenti che si fermano per poco tempo in città per urgenze come l’assistenza di parenti ricoverati negli ospedali. Ma anche milanesi con i requisiti di accesso alle case popolari, dal momento che di quel 35 per cento il 10 sarà destinato all’edilizia sociale. Un altro 10 per cento dovrà essere di alloggi in affitto a un canone di 500 euro al mese per 70 metri quadrati con box, e il restante 15 per cento sarà a discrezione dell’operatore immobiliare che potrà scegliere tra edilizia convenzionata in vendita (da 1800 a 2000 euro a metro quadrato), alberghi low cost, co-housing, edilizia temporanea e residenze universitarie. «Abbiamo accolto le sollecitazioni della Curia verso il problema della casa – continua Masseroli – . L’obiettivo è quello di riportare le famiglie e i giovani in città». L’operazione preoccupa invece gli operatori del settore immobiliare, che ovviamente si fanno i conti in tasca. Gli edifici dovranno rispettare standard di qualità, e su questo vigilerà il Comune. «Più che economici i problemi saranno finanziari – spiega Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil – . Quello che contestiamo è la rigidità con cui sono state stabilite le quote tra vendita e affitto, oltre a quel 10 per cento di affitto sociale che dovrebbe essere a carico del welfare e non dei privati». Favorevole invece il centrosinistra, che ha contribuito alla stesura della delibera già mesi fa, con il consigliere Pd Natale Comotti che spiega: «È una buona delibera, perché introduce principi di attenzione verso le categorie meno abbienti e privilegia l’affitto che è il maggior problema in città».


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