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Il lavoro dà meno tempo alle liti
Riforme - Il disegno di legge collegato approvato definitivamente martedì fissa nuovi termini per la partenza delle cause

Fonte: Il Sole 24 Ore

Più rapidi i tempi per la definizione delle cause di lavoro che riguardano la risoluzione del rapporto di lavoro, almeno nella parte iniziale del procedimento. Mira in parte anche a questo l’articolo 32 del collegato lavoro, che ha modificato l’articolo 6 della legge 604/66. Le disposizioni precedenti non fissavano termini specifici per il ricorso in giudizio da parte del lavoratore che intendeva ricorrere contro il provvedimento di licenziamento e si applicavano pertanto i normali tempi previsti dall’articolo 1442 del Codice civile in tema di prescrizione ordinaria e cioè 5 anni. Ancora più lunghi – secondo l’orientamento prevalente della magistratura – i termini per il ricorso contro i licenziamenti considerati fuori dal campo di applicazione della legge 604/66 e cioè per i licenziamenti nulli e inefficaci, quali ad esempio il licenziamento della lavoratrice madre entro un anno dalla nascita del bambino, il licenziamento della lavoratrice entro un anno dalla celebrazione del matrimonio, eccetera. Impugnazione – Era l’unico caso in cui la legge 604/66 stabiliva un termine di decadenza che non viene modificato. Il lavoratore deve impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla recezione della sua comunicazione oppure entro 60 giorni dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale. Conciliazione e/o arbitrato – Il lavoratore può chiedere alla controparte il tentativo di conciliazione o di arbitrato. Lo deve richiedere però entro 270 giorni dalla data di impugnazione altrimenti l’impugnazione stessa decade. La richiesta del tentativo di conciliazione sospende tutti i termini di prescrizione e di decadenza. Deposito del ricorso – Nel caso in cui sia stata avanzata la richiesta di conciliazione, e la stessa abbia avuto un esito negativo, la norma prevede che il ricorso debba essere depositato entro 60 giorni dal rifiuto e dal mancato accordo. Se invece il tentativo di conciliazione non è stato richiesto, il ricorso deve essere depositato entro 270 giorni dall’impugnazione del licenziamento. Il decorso dei termini – Dal rispetto dei tempi previsti dipende ovviamente la legittimità degli atti. Tuttavia, in caso di richiesta del tentativo di conciliazione restano dubbi sulla individuazione del giorno a partire dal quale decorrono i 60 giorni entro cui deve avvenire il deposito del ricorso. La norma infatti li individua con il giorno del rifiuto o del mancato accordo. Il mancato accordo deve essere formalizzato e quindi il giorno potrebbe essere facilmente individuato. Non così per il rifiuto. Infatti, solo con riferimento alla conciliazione ordinaria viene affermato che se entro 20 giorni dalla richiesta la controparte non accetta la procedura di conciliazione, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria. Quindi il giorno del rifiuto può essere considerato il 20° successivo alla comunicazione della richiesta di conciliazione se chi l’ha ricevuta non produce la memoria difensiva. Più problematica è l’individuazione del giorno del rifiuto nell’ipotesi della conciliazione e dell’arbitrato irrituale. Il comma 4 dell’articolo 412 quater prevede infatti che «se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio». In base a questa disposizione, la prima scadenza utile dopo la richiesta di aderire alla procedura di conciliazione e arbitrato è la nomina del presidente del collegio che deve avvenire da parte di entrambi gli arbitri entro 30 giorni dalla notifica del ricorso. Qualora questo non avvenga, se ne dovrebbe dedurre implicitamente che la controparte ha rifiutato il tentativo.


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