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Ritorno impossibile per l'Iva sulla Tia
Rifiuti - La circolare delle finanze sul sì all'imposta apre nuovi nodi applicativi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Il via libera del dipartimento delle Finanze all’applicazione dell’Iva sulla Tia prova a risolvere la questione rimborsi, ma genera una nuova giungla di problemi applicativi. Nell’incertezza che aveva seguito la pronuncia costituzionale del 2009 (sentenza 238), secondo cui la Tia è un tributo e non può essere gravata dall’imposta, i gestori si erano divisi; quasi la metà (tra cui grandi attori come per esempio l’Ama di Roma) avevano deciso di abbandonare l’Iva, altri avevano “resistito”. Secondo l’interpretazione delle finanze (offerta nella circolare 3/2010, su cui si veda Il Sole 24 Ore del 13 novembre), che sostengono l’identità tra la Tia applicata dai comuni e quella prevista dal codice dell’Ambiente ma ancora ferma sulla carta, ora tutti dovrebbero tornare ad applicare l’imposta, magari anche chiedendo gli arretrati sulle mensilità “scoperte”. È fin troppo facile immaginare un’altra ondata di contenziosi e di pronunce in senso contrario, anche perché non sembra agevole cancellare con una circolare i principi fissati dalla Consulta; anche senza ulteriori ricorsi, del resto, la situazione è già più che ingarbugliata. Se si condivide l’impostazione delle finanze, infatti, tutte le controversie oggi pendenti davanti alle Commissioni tributarie, aventi ad oggetto la “tariffa Ronchi” (quella prevista dall’articolo 49 del Dlgs 22/1997) dovrebbero essere sospese, con trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Secondo la consolidata giurisprudenza della Consulta (tra le tante, si veda la sentenza n. 64 del 2008, in materia di canone di occupazione di suolo pubblico), le commissioni tributarie possono occuparsi unicamente di questioni tributarie. Ciò in quanto le commissioni sono giudici speciali “tollerati” solo in virtù delle disposizioni transitorie della Costituzione, che, al contrario, all’articolo 102 vieta l’istituzione di giudici speciali. Per rientrare nel regime transitorio, le commissioni devono mantenere le competenze che avevano prima della promulgazione della Costituzione, e cioè nel caso specifico la cognizione in materia fiscale. Se fosse vero l’assunto della circolare, la tariffa Ronchi dovrebbe considerarsi un’entrata di tipo patrimoniale. L’articolo 2 del Dlgs 546/1992, però, prevede che le controversie in materia di tariffa rifiuti rientrino nelle attribuzioni dei giudici tributari. La norma interpretativa (articolo 14, comma 33, Dl 78/2010) riguarda specificamente le controversie relative alla tariffa del codice dell’ambiente (Tia 2), ma nulla innovano per le liti sulla tariffa Ronchi. A questo punto, è evidente che i casi sono due: o le commissioni disattendono il contenuto della circolare (scelta pienamente legittima) e decidono senza indugio la controversia, oppure condividono le considerazioni delle Finanze. In questa seconda ipotesi, dovrebbero sospendere il giudizio e rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’articolo 2 del Dlgs 546/1992, nella parte in cui attribuisce ai giudici tributari controversie che non hanno ad oggetto tributi. A questo punto, sarà interessante vedere quale sarà il verdetto della Consulta.


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