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Il sindaco e l'inciampo del Milleproroghe "Ma per la giunta a 15 troveremo un'alternativa"
Tra i nodi del decreto fermo alla Camera anche i finanziamenti alle fondazioni liriche e l'emergenza sfratti

«Non è finita qui». Sembra quasi crederci ancora, Gianni Alemanno, quando, rivolto a Giulio Tremonti, lancia la sua sfida sull’allargamento della giunta capitolina. Il ministro, a margine degli Stati generali, spiega di aver «apprezzato il ripristino del testo del Milleproroghe di luglio, dove c’era scritto che il numero di consiglieri e assessori si sarebbe ridotto, riducendo un po’ i costi della politica». L’intervento del Capo dello Stato, due giorni fa, ha ribaltato i piani del sindaco di Roma, che da giorni stava studiando come riempire le tre nuove caselle a disposizione. Tre nuovi assessori che avrebbero dato respiro alla sua maggioranza e avrebbero completato il rimpasto di metà gennaio. Invece non se ne farà nulla. Salvo clamorose giravolte e accordi a sorpresa dentro al governo che, in queste ore, sta scrivendo un maxiemendamento da blindare con una doppia fiducia. Si fa pulizia, dunque, per venire incontro alle pesanti obiezioni di Napolitano. Anche se Alemanno è fiducioso: «Sull’argomento ormai c’è convergenza e bisogna solo trovare un nuovo veicolo normativo. Ciò che mi rammarica di più – osserva – è che non si potrà riequilibrare la quota femminile in giunta». E così, Sveva Belviso resterà l’unica donna assessore in Campidoglio. Con un ricorso al Tar dei Verdi (presentato proprio per questo squilibrio di genere) che pende sul capo del sindaco. Il tribunale amministrativo dovrà pronunciarsi il 9 marzo, mentre un secondo ricorso è stato appena notificato: l’argomento è lo stesso, cambiano le firmatarie, tutte donne e consigliere comunali del Pd (Monica Cirinnà) e di Sel (Gemma Azuni). Ora Alemanno proverà a disinnescare l’enne-sima grana che rischia di metterlo in grave difficoltà. Intanto, attende di leggere il testo finale del maxiemendamento, preoccupato «soprattutto – afferma – per il finanziamento alle fondazioni lirico-sinfoniche». Ventuno milioni di euro, di cui una parte destinati al Teatro dell’Opera di Roma e all’Accademia di Santa Cecilia. Il presidente-sovrintendente, Bruno Cagli, da 17 anni alla guida dell’Accade-mia, ha già annunciato che «se il Milleproroghe passa così, tra pochi mesi dovremo iniziare anche noi a non pagare gli stipendi. Io ho già resistito “resistendo”. Ove non ci siano segnali precisi, mi presenterò dimissionario al cda del 14 marzo». E poi, nel testo monstre del decreto fermo ora alla Camera, c’è anche la questione sfratti: «Se salta la proroga – ha spiegato ieri Alemanno – il Comune dovrà fare un atto amministrativo che possa coprire il periodo previsto nella proroga per quanto riguarda gli sfratti per finita locazione, non quelli per morosità». Quello che invece dovrebbe rimanere nel decreto, fortemente voluto da Tremonti, riguarda le spese per l’ufficio di Massimo Varazzani, nominato commissario straordinario al deficit del Comune di Roma: «Due milioni e mezzo di euro – denuncia il consigliere Pd Athos De Luca – Una somma offensiva per tutti i romani. Specie alla luce della clausola che sottrae i 2,5 milioni annui a fondi destinati all’assunzione di personale. Per pagare il commissario, il Comune dovrà rinunciare ad assumere più di sessanta persone ad una media di 40mila euro ciascuno».


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