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Aziende in pressing sul decreto
Compensazioni - A rischio il provvedimento sullo scambio fra debiti tributari e crediti commerciali

MILANO – Per le associazioni di categoria ha il sapore della beffa. Già la norma che concede ai fornitori della pubblica amministrazione la (teorica) possibilità di compensare i crediti commerciali con le cartelle esattoriali è nata – osservano – con evidenti limiti strutturali. Ma è inaccettabile che lo spazio, comunque aperto, per sbloccare gli ingenti crediti maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e del Servizio sanitario nazionale resti bloccato dalla mancanza di un decreto attuativo. Da qui il pressing sul ministero del-l’Economia per superare in fretta le difficoltà tecniche derivanti dal nuovo meccanismo di compensazione varato con il decreto legge 78/10. Difficoltà che pure nessuno disconosce. «La chance di scambiare i debiti tributari con i crediti vantati nei confronti degli enti locali, delle regioni e delle Asl, per le prestazioni rese nell’ambito di contratti di somministrazione e appalto – sottolinea Bruno Panieri, direttore politiche economiche di Confartigianato – è stata voluta con insistenza dalle imprese. Soprattutto per tutelare quelle di minori dimensioni, spesso vittime del dilagante ritardo dei pagamenti pubblici. Le regole introdotte con il decreto legge 78 possono essere considerate in quest’ottica una parziale vittoria, perché si poteva fare certamente di più. Ma almeno ora si faccia tutto il possibile per renderle operative». L’articolo 31 ha previsto, in effetti, che le imprese fornitrici della Pa possano saldare i debiti fiscali iscritti a ruolo con i crediti non ancora riscossi e ha messo a regime la facoltà di farsi “scontare” gli stessi crediti da banche o intermediari finanziari. «È vero, ma il credito deve essere comunque certificato dall’am-ministrazione debitrice – aggiunge Panieri -. E, le assicuro che non è affatto semplice ottenere il rilascio di questo attestato». Più dura la posizione di Claudio Carpentieri, responsabile dell’ufficio politiche fiscali della Cna: «La possibilità di compensare i crediti commerciali con i debiti fiscali è una proposta che abbiamo fatto nostra da tempo. Questa norma era stata salutata da subito con soddisfazione, in quanto al principio che introduceva, ma criticata anche aspramente riguardo alle modalità e le limitazioni scelte. Appariva, ed appare, quanto meno discutibile che per avere la possibilità di compensare un credito relativo alla vendita di una Tac a una Asl, occorra evitare di pagare imposte per creare un ruolo di riscossione, pagando anche delle sanzioni. Mi auguro che il blocco nell’attuazione della norma si sia reso necessario solo per rivedere i criteri di applicazione, al fine di evitare le incongruenze rilevate, altrimenti siamo al ridicolo». Tra le critiche sollevate in relazione al meccanismo di compensazione dei crediti commerciali c’è, appunto, la limitazione della compensabilità ai soli ruoli. In altri termini, si possono saldare con crediti commerciali esclusivamente le somme che sono state iscritte a ruolo e per le quali dunque sono scattate le sanzioni (anche del 30%) collegate all’inadempimento. Una sorta di “tassa” sulle compensazioni, secondo alcuni. «A inizio febbraio – rivela Marino Gabellini, responsabile del-l’ufficio fiscale di Confesercenti – avevamo chiesto all’agenzia delle Entrate che i due decreti previsti dall’articolo 31, quello sul giro di vite per le compensazioni tributarie emanato qualche giorno fa e quello sulle compensazioni dei crediti commerciali, fossero approvati contestualmente. Cosa che evidentemente non è accaduta. Per non accreditare l’idea di un fisco a due velocità, perciò, auspichiamo che questo rinvio sia solo causato da questioni risolvibili e che nel giro di qualche settimana l’iter sia completato anche per il secondo provvedimento».


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