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L'impossibile sfida del gettito mancato al Sud
ANALISI

L’Iva sarà una colonna portante del prossimo sistema di finanziamento dei governi regionali e locali. Il gettito figurerà direttamente nei bilanci delle regioni a statuto ordinario per un quinto circa (15-18 miliardi) e indirettamente come componente nel fondo perequativo. Si stima che il fondo potrebbe sfiorare i 40 miliardi, dei quali non è difficile prevedere che la componente Iva raggiunga i tre quarti. In buona sostanza, l’Iva potrebbe figurare come strumento di finanziamento dei 100 miliardi di spesa regionale per il 45-50%. E poiché il gettito complessivo dell’Iva di competenza oggi è stimato, nelle sole regioni a statuto ordinario, in circa 80 miliardi – meno del costo delle funzioni essenziali – il prelievo Iva dalle casse statali di domani supererebbe la soglia del 50% dopo avere raggiunto, nell’attuale contesto pre-federalista, il 45% (il «bancomat delle Regioni»). Anche se in gran parte camuffato dal carattere “verticale” della perequazione effettuata attraverso il fondo, il riversamento del gettito Iva dai territori che ne producono in quantità elevate a quelli che ne accusano produzioni basse rischia di replicare l’esperienza del Dlgs 56/2000, che nella redistribuzione “orizzontale” dell’Iva aveva il suo perno. Definita inizialmente nella misura del 27,9%, la quota Iva chiamata a chiudere il cerchio del finanziamento regionale era stata portata al 38,55%, per raggiungere infine il 45%. In questo sistema, la somma è attribuita alle singole regioni sulla base dei consumi privati dei singoli territori stimati dall’Istat. Questa attribuzione è rimasta virtuale perché con la quota Iva di spettanza fu stabilito che le regioni più ricche cedessero – e le più povere ricevessero – quote “pesate” per realizzare una perequazione orizzontale alla tedesca. È così che, ad esempio, dei suoi 6,93 miliardi “nozionali” di gettito Iva nel 2003, alla Lombardia restavano 2,97 miliardi; mentre la Campania vedeva accresciuta del doppio la dotazione iniziale di 2,74 miliardi. Nel passato illustri accademici del Sud obiettarono che l’attribuzione iniziale dell’Iva ai territori in base ai consumi esaltasse i prelievi dal fondo da parte delle regioni meridionali, perché il consumo pro-capite delle popolazioni meridionali è circa l’80% del consumo medio nazionale. Viene da chiedersi come replicano oggi gli stessi studiosi alla legge 42/2009, che stabilisce che l’Iva sia attribuita ai territori in base al luogo di consumo. E – soprattutto – come replicano agli stupefacenti risultati delle prime simulazioni, con un Sud lontano anni luce dalle medie dei gettiti. Quest’ultimo è il vero punto dolente del federalismo, che ci vede perdenti rispetto al benchmark tedesco in termini di serietà e trasparenza dei dati di contesto. Quanta Iva raccolta nelle aree ricche viene travasata alle aree povere nei due sistemi, tedesco e italiano? Nei Laender orientali “poveri” – che dispongono di una base di consumi non superiore a quella del Sud italiano – si raccoglie un gettito che è quasi la metà di quello che si raccoglierebbe in base alla popolazione (8% rispetto al 18%). Nell’Italia meridionale, viceversa, si raccoglie un gettito Iva pari a un settimo di quello che si raccoglierebbe in base alla popolazione. In altri termini: i Laender orientali, che hanno il 18% della popolazione tedesca (Berlino esclusa) ed esprimono circa il 10% dei consumi nazionali, già prima della perequazione si trovano nelle loro casse l’8% dell’Iva nazionale. Di questa Iva tutti i Laender si appropriano, come da Costituzione, nella misura del 49,5%. Le Regioni meridionali italiane a statuto ordinario, che esprimono quasi il 37% della popolazione e oltre il 22% dei consumi nazionali si ritrovano nelle proprie casse, prima dell’inizio della perequazione, soltanto il 5,4% dell’Iva nazionale. Non è facile spiegare le ragioni di una simile differenza di situazioni senza individuare una una minor propensione, nell’Italia “povera” rispetto alla Germania “povera”, al pagamento dell’Iva; un altro fattore che rischia di complicare la reale territorialità nella distribuzione dell’Iva federalista.


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