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Dismissioni, parla l'ente
Il giudizio sulla natura della partecipazione deve avvenire caso per caso

Qual è la corretta applicazione della disciplina normativa dettata dall’art. 3, comma 27 e seguenti, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 in merito alla procedura di dismissione, da parte degli enti locali, delle partecipazioni societarie vietate o non necessarie all’attività istituzionale? L’ente locale può mantenere in vita la società «in funzione della sua attività di produzione di beni e servizi strumentali all’attività del comune»? L’art. 3, comma 27 e seguenti, della legge n. 244/2007 prevede che «ogni singolo ente locale deve effettuare una ricognizione di tutte le proprie partecipazioni societarie, direttamente detenute, o che intenda detenere attraverso la costituzione di una nuova società, valutando, sulla base dell’oggetto sociale, se la propria partecipazione sia vietata ex lege – nell’ipotesi di attività di produzione di beni e di servizi non inerenti, ossia non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali – o se invece sia legislativamente consentita» (Corte dei conti sez. reg. Veneto delibera n. 16/2010) La Corte dei conti (sez. regionale per la Puglia, parere n. 100/2009 del 14 ottobre 2009) ha chiarito che le amministrazioni pubbliche, entro il termine perentorio fissato per legge, devono avviare l’eventuale procedura di dismissione della società mentre non è obbligatorio che ne completino l’iter. In merito alla sopravvivenza delle società partecipate o detenute dal comune, richiamata la vigente normativa in materia di società con capitale pubblico (art. 13 del dl 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 248/2006; art. 14, comma 32, del dl 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge n. 122/2010), è necessario fare una prima distinzione delle società a capitale pubblico (totale o parziale), chiamate a svolgere un servizio pubblico locale rivolto direttamente ai cittadini-utenti, e quelle strumentali al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, deputate a svolgere un’attività rivolta agli stessi enti promotori o comunque agli azionisti della società per corroborare le funzioni di competenza di tali amministrazioni pubbliche (nella specie, enti locali territoriali) secondo l’ordinamento amministrativo (Tar Veneto, sez. I, sent. n. 788/2007; Tar Lazio, Sez. II, sent. 5 giugno 2007, n. 5192). In merito alle «funzioni amministrative di natura pubblicistica dell’ente», il dl n. 78/2010, art. 14, comma 27, specificando sostanzialmente il contenuto dell’art. 13 del dlgs n. 267/2000, ha effettuato una prima individuazione delle funzioni fondamentali dei comuni. L’elaborazione giurisprudenziale, ai fini di una definizione delle funzioni fondamentali, ha affermato che, all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione, il comune è titolare di funzioni amministrative, suscettibili di limitazioni da parte del legislatore nazionale e regionale nel rispetto del principio di sussidiarietà ed interprete primario dei bisogni della collettività locale. La Corte dei conti (sez. reg. Veneto 100/PAR/2009 del 14 ottobre 2009) ha rilevato che «ai fini dell’individuazione dell’attività istituzionale dell’ente, utili indicazioni, oltre che dalla legge, possono derivare dalla struttura del bilancio dell’ente, e precisamente dalle funzioni, che individuano in modo articolato le spese in relazione alla tipologia delle attività espletate, e dallo statuto comunale che delinea i contorni dell’attività istituzionale dell’ente». L’art. 3, commi 27 e ss., del dlgs n. 244/2007 impone a ogni ente, una volta individuate le proprie attività, di valutare se la partecipazione alla società sia «strettamente necessaria» al perseguimento dei fini istituzionali. Tale valutazione deve essere compiuta caso per caso, «raffrontando l’attività che costituisce l’oggetto sociale (art. 2328 comma 2 n. 3 c.c.) e le attività di competenza dell’ente, quali derivanti dall’attuale assetto istituzionale (Corte dei conti per il Veneto, delibera n. 5/2009). Poiché l’inquadramento di una nuova partecipazione societaria rientra in una valutazione discrezionale dell’ente, «la scelta dell’intervento pubblico nell’economia locale è elettivamente demandata al consiglio comunale, nella sua qualità di supremo organo di indirizzo e controllo politico amministrativo (comma 28 dell’art. 3 del dlgs n. 233/2007), cui competono anche (art. 42 comma 2 lett. e) del dlgs n. 267/00) le decisioni relative alla partecipazione dell’ente a società di capitali e all’organizzazione dei pubblici servizi»; la scelta dovrà essere sorretta da una puntuale ed esaustiva motivazione della delibera, (art. 3 della legge n. 241/90) che deve sottolineare la sussistenza dei presupposti di legittimità delle partecipazioni (comma 27 dell’art.3 del dlgs n. 233/2007) «evidenziandone i costi ed i benefici in termini di efficienza, efficacia ed economicità di gestione in un’ottica di lungo periodo, specificandone i vantaggi per la collettività».


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