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Tia, rimborsi Iva in tribunale
Per le sezioni unite della Cassazione non si tratta di un rapporto tributario, ma privatistico

E’ competenza del giudice ordinario e non delle Commissioni tributarie, il rimborso dell’Iva chiesto dal consumatore finale, addebitata sulla fattura relativa alla Tariffa di igiene ambientale (Tia). Questo il senso della massima di una recente sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite (la n. 2064 del 28 gennaio 2011), in cui si è ritenuto, con prassi abbastanza consolidata, non competente il giudice tributario, ma l’autorità giurisdizionale ordinaria, in tema di rimborso dell’Iva in toto o in parte maggiormente addebitata dalla società di gestione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti. Benché la giurisprudenza in commento non abbia carattere assoluto di novità, merita segnarla perché è abbastanza raro trovare, in questo argomento, pronunce prese a Sezioni unite. Secondo questa sentenza, poiché il soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente e amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati. La controversia presa in esame, prende le mosse dal ricorso al giudice di pace di un soggetto privato che invocava la restituzione a suo favore della somma indebitamente corrisposta a titolo di imposta sul valore aggiunto e addebitata sulla Tia. La decisione basa il suo principio sul fatto che il soggetto passivo dell’imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi; pertanto la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente e amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata. Come precisato nel corso della motivazione della decisione, la Corte ha già avuto modo di chiarire che le controversie relative all’indebito pagamento dei tributi seguono la regola della devoluzione alla giurisdizione speciale del giudice tributario soltanto quando si debba impugnare uno degli atti previsti dall’art. 19 del dlgs n. 546 del 1992. Pertanto, continuano i giudici della Cassazione, quando la controversia si svolga tra due soggetti privati in assenza di un provvedimento che sia impugnabile soltanto dinanzi al giudice tributario, il giudice ordinario si riappropria della giurisdizione e non rileva che la composizione della lite debba passare attraverso l’interpretazione di una norma tributaria. I giudici rilevano che il fatto che il diritto alla rivalsa ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sia previsto da una normativa tributaria, non trasforma il rapporto tra soggetti privati in un rapporto tributario, di tipo pubblicistico, che implica invece l’esercizio del potere impositivo nell’ambito di un rapporto sussumibile allo schema potestà – soggezione» (vedi anche Cass. n. 15031/2009). In definitiva, «se manca un soggetto investito di potesta impositiva intesa in senso lato, manca anche il rapporto tributario, così come se manca un provvedimento che sia espressione di tale potere, non configurandosi pertanto la speciale lite tributaria che, per definizione, nasce dal contrasto rispetto ad una concreta e autoritativa pretesa impositiva». A conclusione dell’analisi della sentenza della Cassazione, ci permettiamo di aggiungere un corollario di natura pragmatica su tale argomento, specificando come per ottenere il rimborso dell’imposta Iva indebitamente pagata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del luglio 2009 (che ricordiamo ha ritenuto tributaria la natura della Tia e pertanto ne ha escluso l’imponibilità Iva), il cittadino debba prima richiedere il rimborso all’ente impositore, cioè a colui che svolge per conto dell’ente locale o del comune, il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti e solo dopo il rifiuto (o l’inerzia) dell’ente impositore in merito al rimborso, si potrà ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria, come argomentato dalla sentenza in esame e dalle altre che si sono succedute nel tempo. In merito allo stato dell’arte nella querelle dell’imposizione Iva della Tia giova ricordare come vi sia ormai un aperto (e apparentemente insanabile) contrasto tra l’impostazione della Corte costituzionale e della Cassazione da un lato, che stigmatizzano la debenza dell’Iva addebitata dai gestori del servizio ai cittadini privati e alle imprese, considerando la Tia a tutti gli effetti un tributo e l’amministrazione finanziaria dall’altro lato che insiste, in modo fermo nel ritenere dovuta l’Iva, argomentando che la Tia abbia natura non tributaria, ma di tariffa del servizio reso per il trattamento dei rifiuti. In attesa di una parola definitiva in materia, che riteniamo debba essere data dal legislatore, le possibilità di un rimborso del contribuente sono al momento consistenti; d’altro canto, purtroppo, il contenzioso sarà sempre più consistente poiché gli enti impositori stanno continuando in molti casi ad applicare l’Iva sulle fatture della Tia.


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