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Rivoluzione nel fisco comunale
SPECIALE FEDERALISMO MUNICIPALE/Dopo la fiducia delle camere il sì definitivo del cdm

L’ultimo atto del federalismo fiscale municipale andrà in scena lunedì. Quando con ogni probabilità il decreto legislativo, approvato ieri in via definitiva dal consiglio dei ministri, arriverà sulla scrivania del capo dello stato, Giorgio Napolitano, per la firma e la successiva emanazione. A quel punto il governo e la maggioranza potranno concentrarsi sui tanti provvedimenti attuativi necessari perché il nuovo fisco municipale vada a regime (uno dei più attesi è il provvedimento dell’Agenzia delle entrate che entro 90 giorni dovrà fissare le modalità di esercizio dell’opzione cedolare secca sugli affitti, comprese le istruzioni per il versamento degli acconti e del saldo). Chiusa la pratica con i comuni Roberto Calderoli dovrà pensare al fisco regionale e provinciale. Una partita che sembrava in discesa dopo l’intesa raggiunta lo scorso 16 dicembre con i governatori. Ma il cui destino sembra essere tornato pericolosamente in bilico. A guastare la festa al ministro leghista c’ha pensato Vasco Errani. Il governatore dell’Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle regioni ha accusato il governo di non aver ancora fornito risposte sui problemi più volte posti sul tappeto (finanziamento del trasporto pubblico locale e attenuazione dei tagli introdotti dalla manovra correttiva 2010). E per questo si è detto pronto a considerare lettera morta gli impegni di dicembre. «Così salta tutto», ha minacciato Errani al termine della conferenza Stato-regioni. «Al governo abbiamo detto che, non avendo onorato i contenuti dell’accordo di dicembre scorso, l’intesa sul federalismo regionale per noi non c’è. Dunque, se il governo vuole portare a casa il decreto sul fisco regionale, deve rapidissimamente far fronte agli impegni che abbiamo condiviso». Immediata la risposta di Calderoli che ha assicurato l’impegno dell’esecutivo a «rispettare completamente» l’accordo con le regioni. Un impegno rilanciato anche dal ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto. Il d-day del federalismo si è condito anche di un piccolo giallo relativo alla proroga di 4 mesi del termine per l’esercizio della delega. Il consiglio dei ministri di ieri avrebbe infatti dovuto sancire lo slittamento (dal 21 maggio al 21 settembre) della dead line per la completa attuazione della riforma. Almeno questo aveva annunciato Calderoli mercoledì dopo il voto di fiducia della camera. La proroga, aveva spiegato il ministro leghista, doveva servire non per prendere tempo nell’approvazione dei decreti già varati in via preliminare ma non ancora approdati in parlamento (fallimento politico di sindaci e governatori e armonizzazione dei bilanci). Quanto piuttosto per poter mettere a punto «ulteriori provvedimenti» richiesti dalla delega. E il pensiero va all’annunciato dlgs di riforma della tassazione sui rifiuti (che dovrebbe una volta per tutte scrivere la parola fine sulla querelle Tarsu/Tia e relativi rimborsi Iva) e al secondo capitolo della regolamentazione di Roma Capitale. Fatto sta che la proroga, da più parti interpretata come un segnale politico di distensione lanciato al premier Silvio Berlusconi, è stata prima annunciata ufficialmente dal ministro dell’interno Roberto Maroni, ma poi è stata smentita. «E’ stato dato solo un preavviso», ha spiegato Calderoli. «L’obiettivo resta quello di chiudere il federalismo il prossimo 20 maggio come prevede la legge delega». «Ma al tempo stesso», ha aggiunto, «intendiamo svelenire il clima e lanciare un messaggio: vogliamo proseguire con serenità l’esame del federalismo. La Lega non vuole staccare la spina. Ma siamo al governo per le riforme se ci sono i numeri e la volontà di andare avanti».


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