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Mobilità, anzianità a rischio
Personale Ata

Anzianità lavorativa a rischio con la mobilità. Il lavoratore che passa da una pubblica amministrazione a un’altra (per esempio dal comune allo stato come nel caso del personale Ata delle scuole) non ha la certezza di mantenere inalterata l’anzianità precedentemente maturata. Il dipendente avrà diritto a una retribuzione che tenga conto della totalità del rapporto di lavoro prestato presso la p.a. cedente solo se il contratto di lavoro stipulato con quest’ultima amministrazione preveda tale diritto. Che andrà poi confermato dall’amministrazione cessionaria. Lo ha affermato l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea, Yves Bot, nelle conclusioni sul procedimento vertente tra una bidella veneta e il ministero dell’istruzione. Secondo Bot la normativa italiana non è contraria alla direttiva Ue n.77/187 in quanto questa «non impone di tenere conto dell’intera anzianità in precedenza maturata dal personale trasferito presso gli enti locali». La vicenda prende origine dal caso di una bidella che dopo aver lavorato per 20 anni in una scuola statale del comune di Scorzè (Ve), era stata trasferita nel ruolo del personale Ata dello stato e inquadrata in una fascia retributiva corrispondente a nove anni di anzianità. La signora aveva fatto ricorso al tribunale di Venezia che ha dapprima rimesso gli atti alla Consulta perché valutasse la legittimità della norma inserita ad hoc nella Finanziaria 2006 (art.1, comma 218, della legge n.266/2005) per chiudere le numerose controversie pendenti tra il personale Ata e lo stato. Dopo che i giudici costituzionali l’hanno ritenuta legittima, il tribunale veneto si è rivolto alla Corte Ue, ritenendo che si dovesse tenere conto dell’intera anzianità alla luce della direttiva 77/187 sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese. Una tesi che però non è stata accolta dall’Avvocato generale, secondo cui la scelta del legislatore italiano di aver optato con la Finanziaria 2006 per un riconoscimento parziale dell’anzianità (fondato sulla retribuzione percepita dal lavoratore al 31 dicembre 1999) non contrasta col diritto comunitario.


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