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Per l'emergenza già spesi 30 milioni
Immigrazione - Primo bilancio dei costi sostenuti a partire dal 12 febbraio: per il residence di Mineo impiegati 1,2 milioni

ROMA – Costa cara l’emergenza immigrazione. In queste ore si sta ultimando l’ordinanza di protezione civile per accogliere in tutte le regioni – eccetto l’Abruzzo – profughi e tunisini con il permesso temporaneo di protezione umanitaria. Questi ultimi, alla fine, dovrebbero essere poco più di 8mila. E per «il primo impatto» – quello dei prossimi mesi – la cifra prevista dall’ordinanza in arrivo è pari a 110 milioni. Anche se erano girate stime molto più alte. Si vedrà alla fine dell’anno. Intanto sono ormai delineate le spese sostenute dall’inizio dell’emergenza umanitaria, dichiarata dal Governo il 12 febbraio e gestita dal commissario Giuseppe Caruso, prefetto di Palermo, che curerà fino al 30 giugno il passaggio di consegne mentre Franco Gabrielli, capo della protezione, diventa il nuovo commissario straordinario non appena l’ordinanza sarà firmata da palazzo Chigi. Si può fare, dunque, un primo consuntivo delle spese già fatte. Il «residence degli aranci», la struttura a Mineo, in provincia di Catania, dove il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha voluto convogliare finora gli immigrati che hanno richiesto asilo ed erano ospitati in tutta Italia, è stata espropriata. E sono stati fatti lavori di manutenzione ordinaria: il costo mensile per la requisizione è di 600mila euro; a fine aprile saremo già al doppio. Uno degli oneri più pesanti, poi, riguarda il noleggio delle navi civili per il trasporto degli immigrati da Lampedusa ai centri – soprattutto tendopoli – sparsi sul territorio. Una prima stima di massima si può fare attorno ai 6 milioni, ma (siccome non tutte le compagnie hanno ancora presentato il conto) il totale potrebbe lievitare fino a 15-16 milioni. Le prefetture, poi, dovranno avere rimborsi per l’allestimento delle stesse tendopoli, strutture tra l’altro che scompariranno in pochi giorni sostituite dal sistema di accoglienza definito dalla Protezione civile con le Regioni. La somma necessaria, in questo caso, dovrebbe ammontare a circa 10 milioni. Una cifra analoga, poi, servirà in fretta per Cda (centri di accoglienza), Cie (centri di identificazione ed espulsione) e Cara (centri accoglienza richiedenti asilo). Il motivo è presto detto: lo stanziamento 2011 per i centri era stato tarato su quello 2010, anno che ha registrato il minimo di presenze a causa dell’azzeramento degli sbarchi. Nei Cie, in particolare, le presenze erano dimezzate e i fondi necessari di conseguenza. Dopo il maxi-esodo di inizio anno i centri si sono tutti riempiti in un baleno – erano le prime strutture da utilizzare, poi si è passati alle tendopoli – perciò ora occorre pagare il raddoppio o quasi delle presenze: servono, in sostanza, una decina di milioni. Un capitolo a parte, poi, lo merita il costo dei voli di rimpatrio. Sono al momento un segnale visibile dell’accordo con la Tunisia, un mezzo di deterrenza per gli sbarchi – che tuttavia proseguono, sia pure in modo incostante -, una dimostrazione al resto d’Europa di una politica sull’im-migrazione non proprio lassista. Peccato che la Tunisia ci abbia imposto di riportare in patria non più di 30 connazionali per ogni volo. Se ne fanno due, tutti i giorni, da giovedì della scorsa settimana. Ogni volo costa, per il noleggio dell’aereo, tra i 50 e i 70mila euro. E ogni straniero è accompagnato da due uomini delle forze dell’ordine, con un’indennità complessiva di missione a testa di 100 euro al giorno: ogni viaggio, dunque, implica circa 6mila euro di costo di personale (60 agenti). Un mese di rimpatri, insomma, può pesare sul bilancio statale fino a 4,5 milioni. Il rischio è che prima o poi si debba fare una valutazione di costo/efficacia. Di fatto, a oggi ci sono circa 30 milioni già in carico, voli di rimpatrio esclusi. A questi saranno aggiunti i 110 milioni del fondo di protezione civile. Ma molti pensano che queste somme, alla fine, non saranno sufficienti.


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