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Gli sfalci da aree verdi sono rifiuti
Nella nota 16607/2011 il minambiente fa il punto sul regime giuridico degli scarti vegetali

Sfalci e potature provenienti da aree verdi pubbliche e private, quali giardini, parchi ed aree cimiteriali sono rifiuti urbani e come tali assoggettati alla relativa disciplina dettata dal Codice ambientale (decreto legislativo n. 152/2006). A ribadirlo è il ministero dell’ambiente in risposta al quesito posto in materia da una amministrazione provinciale. I chiarimenti ministeriali. Secondo il parere del dicastero, formalizzato in una nota del 18 marzo 2011 (rubricata come n. 16607), l’esclusione degli scarti vegetali dal campo di applicazione dei rifiuti è riservata dall’attuale formulazione del dlgs 152/2006 (articolo 185, comma 1, lettera f) soltanto a sfalci, potature ed altri materiali che provengono da attività agricola o forestale e che sono destinati agli utilizzi descritti dallo stesso articolo 185 del decreto, ossia all’impiego in agricoltura, in silvicoltura o nella produzione di energia da biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana. Invece, scarti vegetali non provenienti da tali attività, ma «da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali», ricorda il ministero dell’ambiente nella nota in parola, sono invece rifiuti e, in particolare, «rifiuti urbani» in base all’articolo 184, comma 2, lettera e) dello stesso codice ambientale. La stratificazione normativa. La delucidazione del dicastero interviene sul un testo, quello del dlgs 152/2006, che in materia di scarti organici è stato oggetto nel corso del tempo di opposti e contraddittori interventi legislativi di novella. La legge 13 agosto 2010, di modifica dell’articolo 185 del Codice ambientale, aveva infatti introdotto nel dlgs 152/2006 la possibilità di trattare come «sottoprodotti» (dunque come beni in luogo di rifiuti) i «materiali vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato». Disposizione, questa, poi abrogata dal decreto legislativo 205/2010 (successivo ed ultimo, in ordine cronologico, provvedimento di modifica del Codice ambientale), che nel riformare ulteriormente il citato articolo 185 ne ha consegnato all’ordinamento giuridico l’attuale versione, quella che esclude dal campo di applicazione dei rifiuti (come ricorda il ministero dell’ambiente) unicamente sfalci, potature ed altri materiali da attività agricola/forestale reimpiegati in tali attività o nella produzione di energia. Allo stato attuale, i diversi residui vegetali provenienti da pulitura di aree verdi, classificati (in base alla loro gestione) come «rifiuti urbani» ex articolo 184, dlgs 152/2006 e (in base alla loro natura), come «rifiuti organici» dall’articolo 183 dello stesso decreto, devono quindi essere conferiti al servizio pubblico di raccolta. Compostaggio e biomassa. Le alternative alla discarica per i residui organici in parola sono però due: – autoproduzione di compost; – riutilizzo in un impianto a biomassa. La prima alternativa è prevista dallo stesso Codice ambientale laddove (articolo 183, comma 1, lettera e), ammette nella sua attuale formulazione l’«autocompostag-gio», ossia la trasformazione domestica degli scarti organici (tramite processo biologico controllato) in materiale riutilizzabile «in situ» per la fertilizzazione. La seconda alternativa è invece offerta dal decreto legislativo 28/2011 (recante attuazione della direttiva 2009/28/Ce sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), laddove ricomprende nella definizione di «biomassa» (oltre ai residui dall’agricoltura) anche «gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato». E la tradizionale pratica di bruciare legna e potature nel camino di casa? Da alcune amministrazioni comunali risulta allo stato attuale essere stata espressamente vietata tramite ordinanza.


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