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«Atomo quando vorrà la Ue, mediazione sul fo-tovoltaico»
INTEVISTA - Paolo Romani/Ministro dello Sviluppo

ROMA – Rinnovabili avanti tutta «con una soluzione equilibrata, che ne garantirà lo sviluppo a costi sostenibili. Tant’è che il decreto farà storcere il naso sia agli oltranzisti che rifiutavano il ridimensionamento sia a chi chiedeva praticamente la cancellazione degli aiuti» rimarca Paolo Romani, il ministro dello Sviluppo economico. Il nucleare? Addio a tempi migliori. Tornerà «solo quando verranno chiarite tutte le conseguenze e le incognite del disastro di Fukushima». Perché «abbiamo scoperto che nelle grandi centrali sono comunque possibili grandi incidenti». E bando al grande cortile delle emozioni e delle polemiche nazionali: l’atomo elettrico tornerà «solo con una decisione coordinata di tutta l’Europa». Il decreto sui nuovi incentivi alle rinnovabili prende forma. Intanto ecco lo stop netto al nucleare. Un doppio scossone in una sola giornata. Cominciamo dalle rinnovabili. Oggi presenterete lo schema di decreto alla Conferenza Stato-Regioni. Lo digeriranno gli amministratori? E lo digeriranno le associazioni imprenditoriali che si combattono su fronti opposti: salva-incentivi e taglia-incentivi? Dopo un mese e mezzo di confronti e mediazioni riteniamo che il decreto rappresenti un buona mediazione, condivisibile da tutti. Garantiremo al Paese un consistente sviluppo dell’energia fotovoltaica in un momento in cui il nucleare ha forti problemi, rendiamo sostenibile la produzione solare adeguando gli incentivi ai livelli garantiti dagli altri Paesi europei, con un decalage progressivo da qui a gennaio 2013 senza porre alcun limite agli incentivi dedicati agli impianti di potenza fino a 200 kilowatt che saranno del tutto liberi sui tetti e con un semplice meccanismo antifrazionamento, e quindi antispeculazione, per gli impianti a terra, con un ridimensionamento temporale degli incentivi proporzionale alla grandezza: meno veloce per i piccoli impianti, più veloce per quelli grandi. La transizione rispetto al vecchio sistema è garantita, e con essa la salvaguardia del pregresso. In vista della piena adozione, dal gennaio 2013, del modello tedesco che prevede un decalage automatico a seconda degli obiettivi raggiunti. La meta, quella vera? Arrivare a 25mila megawatt installati al 2017, quando la grid parity del fotovoltaico sarà raggiunta e gli incentivi non saranno più necessari. Nel frattempo quanto spenderemo? E quanto spenderemmo lasciando invece correre invece il vecchio e ultra-generoso sistema? Da qui al 2016 spenderemo a regime tra i 6 e i 7 miliardi, contro gli 11 o 12 miliardi del tendenziale a regole precedenti. Quelle regole che, voglio sottolinearlo, ci stanno già facendo raggiungere gli 8 mila megawatt indicati nell’obiettivo Ue del 20-20-20, con autorizzazioni di allaccio richieste fin d’ora per altri 25 mila megawatt. Il tutto con un effetto che sarebbe stato devastante per i consumatori, le famiglie e le imprese, a cominciare da quelle piccole. Ma a protestare, proprio ieri, è stata direttamente la Ue con il suo commissario per l’energia Oettinger. Taglione senza certezze, ha detto il commissario. Lo ha detto perché è disinformato. In Europa si dovrebbe interagire puntualmente con i Governi, e solo dopo mandare lettere ed eventuali reprimende, senza farsi stravolgere da operatori che legittimamente difendono i loro interessi. La Ue approverà il decreto? Non vedo perché no. E qui i mugugni da chi se li aspetta? Mugugneranno da una parte gli energivori, che chiedevano tagli più drastici agli incentivi. Ma anche e forse soprattutto quelli che pensavano di fare grandi speculazioni con grandi superfici da dedicare al business del fotovoltaico. Le risorse all’energia solare, ci sta dicendo, non verranno fatte mancare. Manica un po’ più larga di quanto qualcuno temeva anche perché nel frattempo arriva lo stop al nucleare? A proposito: sarà un vero stop? Una correlazione diretta tra incentivi al solare e nucleare non c’è. Certo, puntare sulle rinnovabili a questo punto è una scelta strategica importante. Quanto alla valenza reale dello stop al nucleare parliamoci chiaro: Fukushima ci ha mostrato che incidenti rilevanti sono possibili. Lo dico mal volentieri, visto che ero e rimango un nuclearista convinto. Un nuclearista che sa benissimo che il nucleare, ora, non è culturalmente tollerato. Dobbiamo quanto meno riprogrammarlo, nel quadro di una strategia energetica nazionale. È prevista per legge una Conferenza energetica entro l’anno. Dal nucleare al solare, dalle biomasse all’ efficienza energetica: entro il 2011 lo scenario dovrà essere delineato. I quesiti, e le opzioni, non mancano. Che ne dice dell’idea di trasformare intanto l’Italia in un profittevole hub dei matanodotti per tutto il continente? Privilegerei piuttosto la costruzione di nuovi rigassificatori. I gasdotti ci legano a pochi fornitori, i rigassificatori ci consentono di differenziare davvero le forniture in attesa delle scelte future, nucleare compreso. Compreso quando? Quando potrà tornare all’ordine del giorno? Quando lo scenario dell’incidente di Fukushima sarà definitivamente chiarito, nella sua portata, nelle sue conseguenze, nelle indicazioni da trarne. E quando l’Europa intera avrà assunto decisioni comuni e condivise tra tutti i paesi, compreso il nostro. Che può dare un contributo attivo a pieno titolo, come paese non nucleare, al pari degli altri 14 paesi sui 27 della Ue che sono, va ricordato, nella stessa condizione. Strategia d’attesa. Non è un po’ poco? Non è poco perché non è così. Abbiamo deciso di abrogare le norme che prevedono al localizzazione dei nuovi impianti nucleari ma non certo quelle che hanno istituto l’Agenzia per la sicurezza nucleare, né quelle che dovrebbero facilitare una soluzione al problema dello smaltimento delle scorie, a cominciare dalle vecchie scorie delle centrali nucleari che abbiamo chiuso e quelle che ogni anno continuiamo a produrre ad esempio con l’attività medica. Umberto Veronesi, dimessosi da senatore per presiedere l’Authority, può stare tranquillo… Tranquillo fino ad un certo punto. Deve lavorare. In una sede che dopo quasi due anni dalla promessa operatività dell’Authority ancora non c’è. Praticamente c’è, qui a Roma. Questione di giorni.


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