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La tassa di scopo sbaglia bersagli
Il dlgs 23 aggancia il balzello alla disciplina Ici del 2007. Che ancora colpiva la prima casa

Imposta di scopo solo a carico dei non residenti. Sembra un paradosso, ma potrebbe essere questo lo scenario aperto dai decreti attuativi del federalismo fiscale. Ve lo immaginate un sindaco che per costruire un parcheggio, ristrutturare una scuola, risistemare un parco o realizzare una nuova linea di metropolitana vada a battere cassa solo ai non residenti? Non potendo invece chiedere nemmeno un centesimo alla maggior parte dei propri elettori che sono poi coloro che concretamente beneficeranno dell’opera pubblica in costruzione? L’imbarazzo sarebbe evidente. Ed è lo stesso che in questi giorni molti tecnici stanno provando rileggendo a mente fredda le norme dei dlgs sul fisco comunale e regionale. L’obiettivo del ministro Calderoli e dei suoi tecnici era chiaro e sotto certi aspetti condivisibile: ridare nuova linfa alla chance, introdotta dal governo Prodi con la Finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) e rivelatasi subito un flop visto che solo una ventina di sindaci in tutt’Italia aveva deciso di premere sulla leva fiscale per finanziare opere pubbliche. Ora però con la crisi economica non ancora del tutto alle spalle, con gli investimenti in infrastrutture da parte degli enti locali che continuano a ridursi e con i maggiori spazi di autonomia impositiva aperti dal federalismo, ci sarebbero stati tutti gli ingredienti per un reale rilancio del tributo. Peccato però che la fretta imposta dal ministro leghista alla tabella di marcia federalista abbia partorito norme che non brillano per chiarezza. Il dlgs sul fisco comunale (n. 23/2011), per esempio, non ha disciplinato la tassa ex novo (a parte l’allungamento da cinque a dieci anni del periodo d’applicazione e la possibilità di finanziare opere ulteriori rispetto all’elenco della legge n. 296/2006 e per di più per l’intero costo dell’intervento), ma ha invece fatto riferimento al quadro normativo disegnato dalla Finanziaria di Prodi, emanata quando ancora esisteva l’Ici prima casa. E infatti nella Finanziaria 2007 (comma 147) si dice che «l’imposta di scopo è determinata applicando alla base imponibile dell’imposta comunale sugli immobili un’aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille». Mentre nel successivo comma 148 si ribadisce che «per la disciplina dell’imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili». Ebbene secondo molti tecnici, proprio questa clausola generale, che lega a doppio filo le regole della tassa di scopo a quelle dell’Ici, impedisce l’applicazione del balzello a coloro che oggi sono esenti dall’Imposta comunale sugli immobili e dal 2014 lo saranno dall’Imu, ossia tutti i cittadini residenti proprietari di prima casa. Maggiori certezze sul punto potrebbero arrivare dal regolamento attuativo che a norma di legge dovrà essere emanato entro il 31 ottobre 2011. I pasticci in materia di imposta di scopo non finiscono qui. Il decreto sul fisco regionale e provinciale (non ancora pubblicato in G.U.) ha infatti esteso la possibilità di introdurre il prelievo di scopo anche agli enti intermedi. Una novità assoluta per le province (il cui indebitamento complessivo ha raggiunto, secondo uno studio del senatore Pd Marco Stradiotto, quota 11,5 miliardi, pari a 196 euro a testa) che già da quest’anno potranno aumentare anche l’Imposta di trascrizione degli autoveicoli e l’imposta sulla rc auto. Il bello è che il dlgs, varato con voto bipartisan dalla commissione bicamerale, nulla dice sulla disciplina del tributo, a parte un generico rinvio al regolamento di cui sopra, da approvare entro il 31 ottobre. E qui iniziano i problemi, perché, come si dice, delle due l’una. O bisogna pensare che gli estensori del decreto abbiano rinviato alla disciplina dell’imposta di scopo comunale (il che sarebbe paradossale visto che quest’ultima, a sua volta, si fonda sull’Ici e le province non hanno l’Ici) oppure si deve concludere che sarà proprio questo successivo regolamento a dover disciplinare l’imposta di scopo delle province. Una conclusione che però fa storcere il naso a molti visto che un atto normativo secondario non può spingersi fino a questo punto, invadendo competenze che dovrebbero essere proprie della legge ordinaria. Una via d’uscita potrebbe essere rivedere subito i due dlgs sfruttando il sempre più probabile decreto correttivo, chiesto a gran voce dai comuni e favorito dalla proroga (al 21 novembre) della dead line per portare a compimento il federalismo. I sindaci, del resto, hanno fretta e sembrano riporre grandi aspettative sulla tassa di scopo. Lo dimostra la richiesta recapitata per direttissima dall’Anci a Calderoli di escludere dal patto di stabilità i futuri proventi del prelievo. Ma in questo clima di incertezza il rischio di un nuovo flop è dietro l’angolo.


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