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Il 1° maggio si allarga lo sciopero
Festa del lavoro - Confcommercio: «Le polemiche non servono, si tratta di un'opportunità di rilancio»

MILANO – Sulle deroghe per l’apertura dei negozi domenica primo maggio è ormai scontro aperto tra aziende e sindacati e paradossalmente, proprio nel giorno che celebra il lavoro, c’è il rischio sciopero. A Milano, infatti, i sindacati sono pronti ad incrociare le braccia, se il Comune non farà marcia indietro sull’apertura dei negozi. «Se questa è la libertà della sinistra, in questa città non siamo messi bene» afferma il sindaco Letizia Moratti, sottolineando il momento di crisi economica. «Finalmente se ne è accorta» replica la Cgil. A Firenze contro l’ordinanza del sindaco, Matteo Renzi, la risposta è già arrivata da parte delle sigle confederali che hanno deciso lo sciopero delle commesse nella città e che minacciano anche loro uno stop regionale. La decisione di Palazzo Vecchio ha scatenato l’aspra polemica tra Renzi e la leader della Cgil, Susanna Camusso, convinta che «i valori non si monetizzano», con la presa di posizione del segretario Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale sindaci, sindacati e imprese devono trovare accordi sul territorio. Uno sciopero è stato proclamato anche a Como. Intanto da Confcommercio e Confesercenti arriva l’invito a evitare le polemiche ideologiche. «Il mutamento degli stili di vita e di consumo delle famiglie sospinge la richiesta di apertura dei negozi nelle giornate domenicali e festive – commenta il presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia, Carlo Sangalli -, soprattutto dove siano presenti significativi flussi turistici. Accrescere produttività e qualità del servizio è una necessità inderogabile per il commercio italiano che da molto tempo soffre per una persistente stagnazione della domanda interna. E lo strumento migliore per regolamentare le aperture domenicali e festive è un accorto utilizzo delle deroghe agli obblighi di chiusura, previste nelle disposizioni regionali e comunali in materia, attivabili attraverso il confronto tra amministrazioni cittadine e rappresentanze delle imprese, del lavoro e dei consumatori, sulla base dei fabbisogni emergenti nei diversi contesti territoriali». Forse ultimamente si è un po’ esagerato con le aperture straordinarie, come spiega Mauro Bussoni, vicedirettore generale di Confesercenti, «trainate soprattutto da outlet e centri commerciali, ma le polemiche non servono a niente. Va ricordato, comunque, che la possibilità di disporre aperture domenicali e festive è prevista dal decreto Bersani. La partita va vista in modo laico: usiamo le aperture straordinarie con intelligenza, valutando caso per caso, anche perché in certe occasioni e in molte località turistiche l’apertura diventa un’opportunità economica. Inoltre, nel caso del primo maggio, riguarderebbero un numero limitato di punti vendita, quelli dei centri storici, e quindi non tutti i lavoratori». In conclusione i negozi resteranno aperti, oltre a Milano e Firenze, anche a Roma – dove al tradizionale concerto in piazza San Giovanni si aggiunge la beatificazione di Giovanni Paolo II che porterà nella capitale un milione di persone, secondo stime della prefettura -, Torino, Genova e Cagliari, mentre a Napoli, l’emergenza rifiuti potrebbe spingere i commercianti a lasciarle le saracinesche abbassate. Negozi chiusi invece a Perugia, Bari e Potenza. Dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza arriva una stima: un primo maggio con i negozi aperti potrebbe valere, tra shop-ping e indotto, quasi 30 milioni di euro nei soli centri storici di Milano e Monza, Firenze e Torino.


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