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La rinuncia al nucleare era una trappola anti referendum
L'incredibile motivazione è stata confermata come una spiritosa trovata dallo stesso premier

Dunque è vero: la rinuncia al nucleare era soltanto un escamotage per evitare il referendum, come ha spiegato il Cavaliere a margine dei colloqui con Nicolas Sarkozy, presidente d’un paese tra i più nuclearizzati. A indoramento della pillola, e anche un po’ a impillolamento (e forse pure a indoramento, come quando s’impanano e soffriggono le melanzane) degli elettori, ai quali si riconosce il diritto di votare solo «consapevolmente», un diritto da sospendere con l’astuzia quando c’è il rischio che il loro voto sia per così dire «inquinato» dall’emotività, il presidente del consiglio ha aggiunto che «se fossimo andati al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per parecchi anni a venire. Per questo il governo ha responsabilmente deciso per la moratoria, in modo da far sì che si possa tornare a un’opinione pubblica consapevole della necessità d’avere energia nucleare, che secondo noi rappresenta un destino ineluttabile». Voto «responsabile», destino «ineluttabile», opinione pubblica «consapevole». Sembra di sognare. Raramente un politico eletto ha manifestato pubblicamente (e con tale innocenza) un simile disprezzo per la democrazia e per il popolo pecorone. Sarà magari capitato di ricorrere a escamotage e furbate (per non parlare dei veri e propri soprusi) a qualche imperatore per diritto divino, a satrapi e sultani, a uno di quei despoti e autocrati e farabutti e mostri shakespeariani che John Milton, l’autore del Paradiso perduto, rubricava alla voce Uccidere il tiranno, (Raffaello Cortina Editore, pp. 114, 12,00). Già non è bello che, proprio come tiranni miltoniani, sia pure in forma parodistica, da Storia universale dei paperi, i politici che oggi governano la nazione (al pari di quelli che l’hanno governata prima di loro, ma gli attuali governanti con maggiore sfacciataggine) «scorazzino di beneficio in beneficio come lupi famelici che cercano dove divorare di più». Ma è assolutamente folle che, non condividendo il giudizio che il popolo potrebbe dare di questo o quel provvedimento del governo, nel nostro caso il grande ritorno delle centrali nucleari, il governo finga di condividere questo giudizio mentre si propone, in realtà, d’impedire al popolo d’esprimerlo. Puro Dittatore dello Stato Libero di Bananas: «Eravamo all’avanguardia negli anni settanta. Quindi l’ecologismo di sinistra si è messo di traverso». Adesso, poi, che si è messo di traverso anche lo tsunami di sinistra giapponese, un terremoto comunista che pretende di saperla più lunga di me, Ubu Roi, è giocoforza ricorrere al piano B: se non puoi convincerli che loro hanno torto e tu ragione, prendili per il cecio (è quel che meritano). È come se la democrazia, invece di consentire al corpo elettorale di prendere le decisioni che ritiene migliori, che non sono necessariamente le decisioni giuste, e forse neanche quelle più razionali, dovesse conformarsi alle decisioni dei governi così come si dà ragione ai pazzi. È la tirannia in caricatura: la tirannia secondo Pippo, Pluto e Paperino. Gli autentici tiranni, a differenza di Berlusconi, che si crede uno statista soltanto perché ha mangiato pane e volpe a colazione, non fanno i furbi ma tagliano le teste, sospendono i diritti politici e civili, cannoneggiano la folla e prendono decisioni liberticide (perché di questo si tratta, non d’un semplice esca-motage ma d’una risoluzione liberticida, sia pure mignon) senza ricorrere al patetico sotterfugio di fingere d’aver cambiato idea sul nucleare al solo scopo d’impedire ai cittadini e ai contribuenti, garantiti in questo loro diritto dalla costituzione, d’esprimere il loro parere vincolante sull’argomento. Berlusconi sta tirando decisamente troppo la corda. Tenga presente quel che diceva Milton: «Se stringo un patto volontario con un uomo e in seguito egli si rivela un mostro, escogiterò un modo d’uscire d’obbligo».


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