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Appalti: riforma a 360 gradi

ROMA – «Le norme sulle infrastrutture contenute nel decreto legge per lo sviluppo sono l’anticipazione di una riforma più ampia che vuole ridurre i costi delle infrastrutture, concentrare le risorse su poche priorità strategiche, coinvolgere i capitali privati, rivedere il rapporto fra decisione e consenso nella localizzazione delle opere». Il viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, spiega così il disegno ambizioso che il Governo sta mettendo a punto in materia di infrastrutture. Dietro il ragionamento di Castelli c’è un tavolo di lavoro coordinato da tre fondazioni politiche, Astrid, Respublica e Italiadecide, che hanno stilato un rapporto con 89 linee guida per una riforma a 360 gradi. Castelli, intervenuto a un seminario organizzato da Italiadecide e Uil, fa capire che questo rapporto potrebbe costituire la base per un allargamento delle riforme degli appalti contenute nel Dl per lo sviluppo economico: una parte delle proposte potrebbero già entrare negli emendamenti al decreto legge in Parlamento, un’altra finirà in uno o più disegni di legge ad hoc. Il rapporto Bassanini-Belloni-Violante (dai nomi dei presidenti delle tre fondazioni) parte dal presupposto che le risorse pubbliche destinate alle infrastrutture saranno inevitabilmente in calo nei prossimi anni, mentre resterà inalterato il fabbisogno infrastrutturale italiano. Le conclusioni si muovono allora su due direttrici. La prima è quella di ridurre gli sprechi delle risorse pubbliche investite in infrastrutture: occorrono un forte contenimento dei costi, un alleggerimento dei progetti ove possibile (l’overdesign in Italia è stimato al 25-30%), una maggiore concentrazione di risorse sulle effettive priorità individuando un elenco di opere di “serie A”, la rinuncia all’hardware (il cemento) ove è possibile migliorare il funzionamento delle reti mediante il software (elettronica e gestione). La seconda direttrice è mettere a punto una serie di misure legislative, finanziarie, fiscali, regolatorie, capaci di creare un maggiore coinvolgimento del capitale privato (sia equity che debito) e una più efficiente par-tnership pubblico-privato. Si pone, per esempio, la necessità che il Cipe definisca uno schema di convenzione-tipo valido per tutte le concessioni e su questo a Palazzo Chigi si sta lavorando già in questi giorni. Il rapporto affronta anche i punti politicamente più delicati, come quello del rapporto fra decisione e consenso, fra opera e territorio. Nel decreto legge c’è già la norma che pone un tetto del 2% alle opere compensative, ricomprendendo anche gli interventi di mitigazione ambientale che finora erano esclusi. Sta crescendo la consapevolezza, però, tra gli studiosi e tra i politici, che sia necessario riformare alla radice i meccanismi che portano oggi a scaricare tutto sulle opere compensative il problema della formazione del consenso delle opere pubbliche. Nel documento si fa un’apertura di credito ad alcuni meccanismi permanenti di formazione del consenso, come il débat public francese, che fu proposto per primo da Confindustria un anno fa nel «documento Trevisani». Anche Castelli dà credito all’ipotesi e preannuncia che sul tema «sarà presentato un disegno di legge ad hoc». Una proposta concreta del rapporto è l’anticipazione della conferenza di servizi alla fase del progetto preliminare. «È importante però – dice Violante – che sia svolta un’azione politica e che sia reale la disponibilità a modificare progetti e tracciati». Il rapporto Astrid-Respublica-Italiadecide propone una redifinizione del perimetro dell’investimento pubblico, limitandolo nel campo delle infrastrutture di trasporto alle sole ferrovie. Per il resto (a partire dalle strade) si dovrebbe fare ricorso sempre al finanziamento privato, anche con strumenti innovativi. Vengono proposti strumenti di fiscalità agevolata per le società di progetto che investono in infrastrutture: lo strumento fiscale può sostituire contributi a fondo perduto quando l’opera non ha un cash flow sufficiente per ripagare il servizio del debito. Tutto è visto con l’occhio dei vincoli di finanza pubblica, per tentare di ridurre al minimo (o azzerare) deficit e debito pubblico e invece massimizzare la crescita economica e il gettito fiscale che ne deriva. Nel rapporto c’è una simulazione di «fiscalità agevolata per la società di progetto» di un’opera-tipo in project financing (il collegamento autostradale Ferrara-Porto Garibaldi). La tesi è che il flusso di cassa per l’erario sia massimizzato in caso di azzeramento dei contributi a fondo perduto e in presenza di una fiscalità agevolata (Ires e Irap) per la società di progetto nella fase di avvio dell’iniziativa che renda redditizio (e possibile) l’investimento interamente privato. In assenza dell’investimento – fa capire il rapporto – anche il gettito fiscale si azzererebbe.


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