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La candidatura di un prefetto equivale al suicidio elettorale
Il caso del giorno

E tre. Tre comuni con un milione di abitanti, in Italia. Tre prefetti candidati a sindaco, nella seconda repubblica. Tre sconfitte. Una curiosa coincidenza. Il primo fu Carmelo Caruso, prefetto di carriera, che nel 1993 venne candidato dal partito popolare a sindaco di Roma. Era un nome estraneo alla politica, messo in lista per fornire un’immagine di un tecnico, privo di tessera, capace di dare garanzie di trasparenza (si era sotto tangentopoli). Fu un disastro. Fu stritolato fra i ben più giovani Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, che se ne andarono in carrozza al ballottaggio. Il povero prefetto si dimise dall’incarico di consigliere comunale prima ancora dell’insediamento in Campidoglio. Fu poi promosso consigliere di Stato e morì da capo di gabinetto di Nicola Mancino, presidente del Senato. Gli fece seguito Bruno Ferrante, con una solida carriera alle spalle, culminata nell’incarico di prefetto di Milano fino al 2005. Si dimise per candidarsi a sindaco della metropoli milanese, sfidando Letizia Moratti come esponente del centro-sinistra. Sconfitto di misura al primo turno, restò in consiglio comunale fino alla nomina ad alto commissario anticorruzione. Adesso è stata la volta del prefetto Mario Morcone, già direttore generale al ministero dell’Interno, anche lui con una carriera notevole. La sua candidatura a sindaco di Napoli, avvenuta in maniera invero insolita dopo le accuse di brogli alle primarie del centro-sinistra, è stata segnata da una secca sconfitta all’interno del medesimo schieramento nel quale si è presentato. Come nel caso di Caruso a Roma, anche Morcone a Napoli non è riuscito nemmeno ad arrivare al ballottaggio. Non sembra, dunque, che un prefetto candidato in una grande città possa nutrire grandi speranze. Gli elettori non premiano questi alti funzionari dello Stato. Forse non ha sbagliato, anche a giudicare dai risultati emersi dalle urne, Anna Maria Cancellieri (prefetto in pensione e commissario al comune di Bologna), a rifiutare l’invito a candidarsi come sindaco del capoluogo emiliano.


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