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Direttive, danno risarcito
La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità dello Stato inadempiente

Il cittadino italiano danneggiato dalla mancata attuazione di una direttiva comunitaria ad applicazione non automatica, ha diritto al risarcimento del danno. Tale risarcimento è imprescrittibile se la legge non interviene ad attuare la direttiva. Mentre se arriva la norma attuativa della direttiva, il ristoro potrà essere chiesto entro dieci anni. A questa importante conclusione è giunta la Corte di cassazione con la sentenza numero 10813 del 17 maggio 2011. In fondo alle 45 pagine di motivazioni la terza sezione civile ha sancito che «nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell’attribuire diritti ai singoli, ma non self-executing, l’inadempimento statuale alla direttiva determina una condotta idonea a cagionare in modo permanente un obbligo di risarcimento danni in favore dei soggetti che successivamente si vengano a trovare in condizioni di fatto tali che, se la direttiva fosse stata adempiuta, avrebbero acquisito o i diritti da essa riconosciuti, con la conseguenza che la prescrizione decennale del relativo diritto risarcitorio non corre, perché la condotta di inadempimento statuale cagiona l’obbligo risarcitorio de die in die». Non solo. Qualora, nel primo caso, intervenga un atto legislativo di adempimento parziale della direttiva, dall’entrata in vigore di questo atto inizierebbe il decorso della prescrizione decennale. E ancora, qualora, nel primo caso intervenga invece un atto legislativo di adempimento della direttiva che sia parziale sotto il profilo soggettivo, nel senso che, o provveda solo per il futuro, o provveda riguardo a determinate categorie di soggetti fra quelle cui la direttiva era applicabile, accomunate esclusivamente dal mero dato temporale della verificazione delle situazioni di fatto giustificative dell’acquisto del diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, «il corso della prescrizione per i soggetti esclusi non inizia, perché la residua condotta di inadempimento sul piano soggettivo continua a cagionare in modo permanente il danno e, quindi, a giustificare l’obbligo risarcitorio». E poi, quando invece l’atto di adempimento parziale sul piano soggettivo concerne alcuni dei soggetti riguardo ai quali si erano verificate situazioni di fatto giustificative dell’acquisto del diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, «la condotta di inadempimento per i cittadini esclusi non può più dirsi cagionare in modo permanente la situazione dannosa nei loro confronti, con la conseguenza che riguardo ad essi inizia il corso della prescrizione decennale del diritto al risarcimento». Quindi nel caso sottoposto all’esame della Corte il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto a favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica negli anni dal 1° gennaio 1983 all’anno accademico 1990-1991 in condizioni tali che se detta direttiva fosse stata adempiuta avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art. 11 della 1. n. 370 del 1999.


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