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Sui precari il governo ci ripensa
Decisivo l'intervento della presidenza della Repubblica. Che ipoteca anche la Comunitaria

Contenzioso seriale sulla stabilizzazione dei precari: il governo fa dietrofront sulla ricostruzione di carriera. La norma del decreto sviluppo, che avrebbe impedito ai giudici di disporre gli aumenti di anzianità ai docenti precari, è stata cancellata, infatti, prima che il provvedimento fosse pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ma resta ferma la preclusione dell’applicabilità alla scuola del decreto legislativo 368/2001. E cioè del provvedimento sul quale i giudici di merito hanno fondato finora le sentenze di condanna dell’amministrazione per la reiterazione illegittima dei contratti di supplenza. È quanto si evince dal confronto tra il testo del decreto legge 70/2011 approvato dal governo e quello effettivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.110 del 13 maggio scorso. Secondo quanto trapela, la cancellazione della norma anti-ricostruzione di carriera sarebbe avvenuta a seguito di rilievi avanzati dalla presidenza della Repubblica. Una ricostruzione che mette una pesante ipoteca sull’ipotesi che possa essere ripresentata in altra sede legislativa (ddl Comunitaria). La disposizione contro gli aumenti, infatti, nel precludere ai precari il riconoscimento degli incrementi retribuitivi legati all’anzianità, sarebbe andata oltre la mera interpretazione della legge 124/99 alla quale avrebbe dovuto applicarsi. E siccome le norme di interpretazione autentica non possono innovare le disposizioni di riferimento (per effetto del principio di irretroattività delle legge) ma possono solo indicare una delle interpretazioni possibili fin dall’atto dell’emanazione della disposizione che vanno a interpretare, il rischio di incostituzionalità era piuttosto alto. Nel testo sopravvissuto ai rilievi del Quirinale, rimane in piedi, però, la non applicabilità alla scuola del decreto legislativo 368/2001. Che è il dispositivo con il quale è stata data attuazione alla direttiva europea sulla quale i giudici di merito hanno basato la maggior parte delle sentenze di condanna dell’amministrazione scolastica. Resta da vedere quale sarà l’effetto sui giudizi in corso e su quelli che si stanno apprestando in questi giorni. Tenendo presente il principio di irretroattività delle legge, è ragionevole ritenere che la non applicabilità alla scuola del decreto 368 non avrà effetti sui giudizi che si sono conclusi con sentenza. E non dovrebbero risentirne nemmeno i procedimenti attualmente in atto in I e in II grado. In questi casi si applica, infatti, il principio del tempus regit actum: un principio che determina l’obbligo di applicare la legge in vigore all’epoca in cui il contenzioso è stato instaurato. Mentre avrà sicuramente effetti sulle azioni che saranno adottate dal 13 maggio in poi. Resta il fatto, però, che in sede di appello (Perugia e Firenze) alcune sentenze di I grado che avevano visto l’amministrazione soccombente, sono state capovolte. Il tutto già prima dell’intervento legislativo del governo. Dunque, non è escluso che, a prescindere dalla novella, il contenzioso in atto potrebbe comunque prendere una piega diversa. Non di meno, anche in assenza di disposizione di recepimento della normativa comunitaria, trattandosi di una direttiva autoapplicativa, i giudici italiani potrebbero comunque decidere di disapplicare la normativa interna e di applicare direttamente quella comunitaria. Oppure potrebbero sollevare una questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia europea. In tutto questo, si sta facendo strada anche un’altra possibile interpretazione, che prescinde totalmente dal decreto 360/2001 e dalla corresponsione della ricostruzione di carriera. Alcuni giudici di merito, infatti, hanno ritenuto di sanzionare la reiterazione dei contratti di supplenza, senza fare riferimento agli aumenti per l’anzianità di servizio. In ciò applicando lo Statuto dei lavoratori che, in questi casi, prevede l’irrogazione al datore di lavoro di una sanzione fino a 20 mensilità di stipendio. Alcuni giudici hanno disposto tale sanzione prevedendo la decurtazione delle somme già percepite a titolo di retribuzione (aliunde perceptum) mentre altri hanno disposto tale risarcimento in aggiunta alle somme già percepite dai lavoratori.


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