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Nessun candidato ha detto di quanto ridurrà le spese
L'analisi

Nel suo ultimo rapporto sull’Italia, l’Ocse ha elaborato questa pagella organizzata in tre punti: 1) l’Italia continua a crescere troppo lentamente; 2) l’occupazione non riprende; 3) sono stati invece centrati gli obiettivi sulla riduzione del debito pubblico. Se si vuole dare una sferzata all’economia e sperare di aumentare l’occupazione, il problema più immediato, dopo aver messo in sicurezza i conti pubblici (non nel senso che sono stati risanati, ma nel senso che si è operato affinché essi non peggiorassero) è quello della riduzione della pressione fiscale. Con una pressione fiscale del 69% sugli utili delle imprese, si mettono in ginocchio quegli organismi (le imprese, appunto) che sono i soli che, attraverso gli investimenti, possono, da una parte, creare nuovi posti di lavoro (che, a loro volta, producono un aumento sano della domanda sul versante del consumo) e, dall’altra, affrontare con maggiore agilità, la concorrenza internazionale. Ma per ridurre la pressione fiscale bisogna ridurre la mano morta della politica sulla pubblica amministrazione che si esprime nell’assunzione a gogò di personale e nella continua invenzione di nuovi enti (non riuscendo a ridurre le Province, almeno ci si sarebbe dovuti impegnare nel non farne di nuove). Va inoltre attuato rigorosamente il referendum che cancellava il contributo pubblico ai partiti che, invece, anziché essere stato cassato, è aumentato ulteriormente sotto le più fantasmagoriche voci. Si deve poi dimezzare il numero dei parlamentari adeguando i loro compensi a quelli medi vigenti negli altri parlamenti europei e ridisegnare i confini delle regioni (oggi l’Abruzzo ha un numero di abitanti pari a quello di un solo quartiere della città di Roma). La Svezia (vedi l’articolo qui accanto, di Edoardo Narduzzi) avendo intrapreso e, in gran parte attuato, un percorso di questo tipo, oggi cresce del 4,8% su base annua cioè cinque volte di più di quanto non si verifichi in Italia. Intanto il presidente francese Nicholas Sarkozy ha detto alla sua opinione pubblica, attraverso gli schermi tv, che, entro la fine del suo settennato, cioè fra un anno, avrà ridotto di 250 mila persone i dipendenti pubblici. Quale politico italiano sarebbe in grado di porsi obiettivi di questo tipo? Nessun candidato di grande città ha quantizzato, nel suo fumoso programma, la riduzione del personale. Le aziende private stanno facendo questa pulizia da anni. Per questo sono, sia pure a fatica, sopravvissute alla crisi globale. Gli enti pubblici invece (salvo i sacrifici imposti da Tremonti, che infatti viene visto come un cerbero masochista) vogliono spendere e spandere come quando i soldi, almeno a prestito, c’erano.


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