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Un tetto per i dirigenti a termine
In caso contrario verrebbe aggirata la legge. Senza dimenticare i risparmi imposti dal dl 78

Le assunzioni di dirigenti a contratto degli enti locali debbono restare entro il limite del 20% del costo del personale cessato l’anno precedente. L’applicazione dell’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001 anche nell’ordinamento locale, al posto dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs. 267/2000 (da considerare certamente abrogato, nonostante l’avviso diverso, ma non condivisibile, espresso dalle sezioni riunite della Corte dei conti con i pareri 12, 13 e 14 del 2011) impone di contenere le assunzioni a contratto nella soglia di spesa, fissata dall’articolo 14, comma 9, della legge 122/2010.
La disposizione in esame, che consente agli enti soggetti al patto di assumere nuovi dipendenti esclusivamente entro il tetto di spesa del 20% delle cessazioni degli anni precedenti, non si applica con ogni evidenza alle assunzioni a tempo determinato. I contrari avvisi espressi, in tal senso, dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo della Lombardia col parere 167/2011 e dalla sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna, col parere 14/2011, sono già stati smentiti dalle sezioni riunite, con la delibera 20/2011.
In apparenza, allora, anche i contratti di lavoro a tempo determinato per i dirigenti dovrebbero sfuggire al tetto di spesa. A meglio guardare, tuttavia, le cose non stanno così. L’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001, così come del resto l’articolo 110, comma 1, del dlgs 267/2000, consentono alle amministrazioni di assumere dirigenti a tempo determinato non di ruolo nel limite dell’8% della dotazione organica. In altre parole, la norma consente di coprire l’8% dei posti della dotazione organica con rapporti a tempo determinato.
Si tratta di una deroga normativa alla regola che, invece, impone di coprire i posti di ruolo, quelli previsti dalla dotazione organica, esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato, come chiarisce senza ombra di dubbio l’articolo 36, comma 1, del dlgs 165/2001. La norma sulla dirigenza a contratto costituisce, dunque, una specificità dell’ordinamento, da cui discende la possibilità di assumere dirigenti a tempo determinato, non occorrendo allo scopo la ricorrenza delle condizioni previste dall’articolo 1, comma 3, del dlgs 368/2001, cioè la comprovata presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. V’è un’ulteriore deroga: le assunzioni di dirigenti a contratto vanno a coprire, appunto, posti vacanti della dotazione, mentre tutte le assunzioni a tempo determinato, proprio perché sorrette dalle ragioni temporanee imposte dalla legge, sono necessariamente extra dotazione.
Insomma, l’ente invece di assumere un dirigente in ruolo, può assumerlo a tempo determinato. Ma, il dirigente a contratto va a coprire un posto che se assegnato ad un dirigente reclutato a tempo indeterminato, certamente rientrerebbe nel limite del 20% del costo delle assunzioni dell’anno precedente.
Allora, in questo caso, escludere le assunzioni di dirigenti a contratto dal computo del 20% sarebbe un modo per eludere la legge, non coerente con la normativa derogatoria, che consente di acquisire dirigenti a tempo determinato a copertura della dotazione organica.
Potrebbero uscire dal computo le assunzioni di dirigenti extra dotazione organica, previste dall’articolo 110, comma 2, del dlgs 267/2000, ritenuto, non condivisibilmente, ancora vigente dalla magistratura contabile. In ogni caso, ai sensi dell’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006 come novellato dalla manovra economica 2010, il numero ed il costo dei dirigenti deve necessariamente diminuire, insieme con la riduzione del ricorso ai contratti flessibili. Risulta, pertanto, evidente come gli enti locali, per effetto della combinazione delle varie disposizioni viste prima, debbono necessariamente ridurre da subito il ricorso alla dirigenza a contratto.


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