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«Punito» l'incarico immotivato e troppo costoso
Corte dei conti Lombardia

La remunerazione in misura eccessiva e non motivata dell’incarico di direttore generale al segretario determina il maturare di responsabilità amministrativa in capo allo stesso e al sindaco, chiamati in misura paritaria al suo risarcimento. Sono questi i più rilevanti principi dettati dalla sentenza della Corte dei conti della Lombardia, n. 146 dello scorso 15 marzo, resa nota solo nei giorni scorsi. Nel caso specifico il compenso aggiuntivo erogato come direttore generale a un segretario era, su base annua, di circa 120mila euro e il trattamento economico complessivo ammontava a oltre 200mila euro all’anno. Il primo elemento rilevato dalla sentenza è l’anomalia tra il compenso aggiuntivo erogato al direttore generale negli anni 2007 e 2008 e quelli erogati, tanto in precedenza (aumento di circa il 500%) che successivamente. Nel merito la sentenza rileva che ci si trova sicuramente nel l’ambito di un’attività discrezionale, sia per il conferimento del l’incarico che per la sua remunerazione. Ma aggiunge che «l’attività discrezionale è attività non libera ma vincolata nel fine», per cui le amministrazioni non sono dotate di poteri da esercitare in modo arbitrario. Viene ricordato che in tali casi «l’eccesso di potere è il tipico vizio della discrezionalità amministrativa, lo strumento che consente al giudice di controllare la corretta applicazione dei canoni di legittimità da parte di chi agisce per conto della Pa, e di valutare la compatibilità e l’adeguatezza delle scelte di merito con i fini pubblici dell’ente». Tale attività di controllo «segue i parametri della razionalità e della ragionevolezza» e si deve fermare sulla soglia della cosiddetta riserva di amministrazione, cioè non può mai entrare nel merito, ma si deve limitare alla sola verifica della legittimità. E, ancora, «il controllo giurisdizionale delle modalità di esercizio del potere discrezionale, sotto il profilo della palese illogicità e della irragionevolezza, è effettuato ex ante». Per cui non ha senso sostenere che il compenso è stato fissato in misura elevata in relazione ai risparmi conseguiti dall’ente, visto che questi esiti sono successivi e non erano conosciuti al momento del conferimento dell’incarico e della scelta del compenso. Anzi, i benefici raggiunti devono essere considerati come «irrilevanti», visto che l’obbligazione del segretario, come per i dirigenti, è quella di risultato. Siamo in presenza, infine, di una condotta gravemente colposa anche alla luce del principio del contenimento della spesa pubblica. Da rilevare, infine, l’assenza di una «particolare motivazione della scelta di aumentare l’emolumento e in assenza di problematiche gestionali specifiche, di carenze di organico o di altre ragioni che potessero determinare tale esigenza ? a prescindere dalla totale carenza di motivazione nell’atto di nomina ? per la remunerazione di attività che erano sostanzialmente sovrapponibili a quelle poste in essere dal segretario/direttore generale precedente».


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