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Il Sud opportunità per l'Italia
Rapporto Svimez. Insufficienti i risultati della politica di coesione - Fitto: entro giugno sbloccheremo i fondi Fas per le regioni

ROMA – Sblocco di risorse incagliate, avvio della nuova politica di coesione europea, attuazione del federalismo fiscale. Gli argomenti per un Mezzogiorno al centro dell’agenda politica non mancano eppure, annota con delusione il presidente della Camera, il tema appare spesso ancora periferico o peggio esposto a letture superate e superficiali. Gianfranco Fini apre alla Camera la giornata di studi della Svimez su “Nord e Sud a 150 anni dall’Unità d’Italia” entrando subito nel merito: sul Mezzogiorno è subentrata «una sostanziale indifferenza» alternata al prevalere di una possibile questione settentrionale che fa leva sul disagio dei ceti produttivi del Nord per il condizionamento negativo che sarebbe rappresentato dalla parte meridionale del Paese. «Il risultato – incalza Fini – è che di fatto la questione meridionale è scomparsa dall’agenda politica come problema chiave per il progresso dell’intera nazione, ma il ritardo di sviluppo del Sud costitusice uno spreco di potenzialità ormai intollerabile». Il presidente della Camera passa in rassegna errori e prospettive incerte. L’«inefficienza della quasi totalità degli enti pubblici» sta minando l’utilità stessa della politica di coesione e dei fondi europei. La criminalità organizzata, come del resto sta avvenendo anche «nelle regioni settentrionali», si insinua nella forza finanziaria del territorio. Sul Fas sono state fatte scelte discutibili, «a cominciare da quelle relative all’utilizzo di risorse per necessità del tutto estranee alle esigenze del Mezzogiorno». Fini riconosce, anche alla luce delle tesi di Svimez e Banca d’Italia, come negli anni siano state disattese le percentuali di spesa pubblica, in particolar modo per investimenti, destinata al Sud dai documenti di programmazione, ma individua le ragioni del persistente divario con il Nord in una più generale assenza di una strategia di crescita, che sollevi il Paese da tassi di sviluppo di poco superiori all’1 per cento. E, ancor più delle statistiche sulla spesa degli anni addietro, oggi diventa importante garantire una partenza equilibrata del federalismo fiscale. «Preoccupa – sottolinea Fini – che tutte le maggiori aree urbane del Mezzogiorno, tranne rare eccezioni, soffrano di una insufficiente qualità dei servizi pubblici». L’attuazione della riforma del federalismo fiscale potrebbe offrire qualche possibilità di progresso ma resta il fatto – avvisa con tono deciso il presidente della Camera – che il nuovo corso «non può costituire l’occasione per sottrarre alle amministrazioni del Mezzogiorno le risorse necessarie per assicurare i servizi essenziali». Il tema del federalismo fiscale diventa così centrale nella giornata di studi della Svimez che, nei 150 anni dell’Unità, ha dedicato al Sud un volume monstre di 1.150 pagine e 500 tabelle (si veda Il Sole 24 Ore del 25 maggio). Il presidente Adriano Giannola conferma tutta la diffidenza nutrita sul tema dall’associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno: «L’anelito a liberarsi del Sud è tuttuno con l’anelito delle regioni settentrionali a recuperare risorse». Giannola definisce «un’illusione che la via fiscale sia il passaggio obbligato per arrestare il “declino settentrionale” reso evidente con l’introduzione dell’euro ma imputato, con comoda scorciatoia, al gorgo meridionale che ingoia e sperpera fiumi di trasferimenti impropri». Tesi che innesca prontamente la replica del ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto. «Il federalismo fiscale sta entrando nella fase di attuazione con il contributo che in Parlamento è arrivato da tutte le forze politiche. È incontestabile che sia destinato a responsabilizzare le classi dirigenti. Ad ogni modo – aggiunge – dico che, da meridionale, non mi unirò mai a chi rivendica maggiori risorse per il Mezzogiorno in forma generica, perché anche questo ha contribuito ad ampliare il divario con il resto del Paese». Inevitabile però ammettere il taglio delle risorse Fas e il loro dirottamento verso finalità estranee al Mezzogiorno. «Negarlo sarebbe stupido – dice Fitto – però riflettiamo sul perché, se guardiamo i dati della precedente programmazione, sia stato speso solo il 50%». Il focus passa sulla governance, sulla capacità e certezza di spesa, sull’efficienza da dimostrare all’Unione europea per avere titolo a chiedere di proseguire con la politica di coesione anche dopo il periodo 2007-2013. Il ministro per gli Affari regionali deve far fronte anche al ritardo con cui si sta attuando il piano per il Sud licenziato dal Governo lo scorso novembre. Si attendevano i primi contratti istituzionali di sviluppo, da firmare con le Regioni, già entro marzo liberando così oltre 15 miliardi di Fas regionale 2007-2013. «Stiamo ultimando il lavoro con i governatori interessati, ci siamo – assicura – entro giugno saremo in grado di sbloccare i programmi».


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