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Le società private bloccano 2 miliardi di investimenti
La strategia delle utility. Sfuma l'obiettivo di crescere negli acquedotti

ROMA – Ammontano a poco più di 2 miliardi di euro gli investimenti che le utility locali più esposte sul settore idrico rischiano di veder saltare a causa dell’esito del referendum. L’abrogazione della norma che riconosce un rendimento del 7% agli investimenti nelle reti idriche e di depurazione sta mettendo in crisi gli amministratori di società quotate come Acea, Hera, Iren, Acque Potabili (controllata al 30% da Iren) e meno A2A, che ha soltanto un piccola parte del business nell’acqua. Non solo: sia Acea che Iren, oltre alla prospettiva di rallentare al minimo gli investimenti in attesa di capire come e chi (il ministero o la nuova agenzia?) dovrà rimodulare la tariffa dell’acqua, vedono compromesse anche le prospettive di crescita individuate dai rispettivi piani industriali, che puntavano molto sulle gare delle concessioni per gli acquedotti previste del decreto Ronchi. Piazza Affari ieri ha penalizzato Acea (-1,08%), forse la società con il business più fragile in questa fase, perché fresca di divorzio con il socio Gdf-Suez. Una separazione che l’aveva costretta a fine 2010 a ricalibrare gli investimenti del business plan, riducendo quelli sulla generazione per puntare tutto sul settore idrico, che pesa per il 47% sulle attività di Acea, al quale nel prossimo triennio erano destinati circa 600 milioni. Adesso la strategia per il futuro va ripensata ancora e non sarà facile. «Il cda di Acea comincerà (già da oggi, ndr) ad approfondire i temi dello sviluppo del gruppo e, cautelativamente, come riposizionarsi sugli altri business: produzione e vendita di elettricità, rinnovabili, ciclo dei rifiuti, che rappresentano l’altro 55% delle nostre attività» ha detto ieri il presidente di Acea, Giancarlo Cremonesi. Purtroppo, però, in questo caso non basta spostare gli investimenti, come avvenuto dopo la cessione delle centrali a Gdf-Suez: la rete idrica, infatti, resta in mano ad Acea e con essa gli obblighi di qualità del servizio e di manutenzione, che se non sono rispettati espongono al rischio di multe. L’utility prevedeva di portare l’Ebitda del settore idrico da 296 a 372 milioni nel 2013: ora gli analisti ne stimano nel triennio una contrazione di circa 100 milioni. Anche Iren ha ceduto in Borsa (-0,52%), seppure la contrazione maggiore l’abbia subita Acque Potabili (-6,06%). La società che opera tra Piemonte e Liguria ha previsto 1,1 miliardi di investimenti nel settore idrico al 2014, con l’ambizione di portarne l’Ebitda da 108 a 198 milioni, facendo delle gare sulle concessioni un driver della crescita. Più cauta la bolognese Hera (+0,24% in Borsa), che di investimenti per l’acqua ne aveva previsti per 522 milioni, portando l’Ebitda da 130 a 169 milioni. L’attenzione dei manager del settore ora è concentrata sul Governo: l’aspettativa è che si possano recuperare, almeno nel breve periodo, i mancati introiti sugli investimenti (anche quelli pendenti dello scorso anno) con un intervento sulla fiscalità generale, come ha confermato ieri anche Cremonesi, ad esempio riconoscendo alle società crediti di imposta. Con il risultato che alla fine, comunque, acqua privata o no, il conto lo pagheranno i cittadini.


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