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Tre aliquote Irpef sono un giusto compromesso
IL PUNTO

Negli anni Novanta andava di moda la cosiddetta flat tax. Una aliquota unica sul reddito, solitamente non superiore al 30%, unica per tutti i contribuenti. Vari Paesi europei come l’Ungheria e l’Estonia l’hanno adottata, ma il dibattito è rimasto acceso sull’equità di un’unica aliquota eguale per tutti i redditi, una scelta per molti incapace di dare attuazione concreta al principio, in Italia costituzionale, della capacità contributiva. Troppi i vantaggi, non compensabili dalle minori detrazioni e deduzioni di imposta eliminate, per i redditi più alti. Ma la pluralità di aliquote alla ricerca di una progressività novecentesca figlia di un’economia statica e manifatturiera appare oggi non più in linea con la distribuzione effettiva dei redditi. Redditi che, peraltro, sono diventati sempre più volatili e difficili da conseguire con stabilità nel tempo. La società, come mostrano le statistiche più recenti, si è andata polarizzando in termini di redditi. La proposta del ministro Giulio Tremonti è di passare a un’Irpef con tre aliquote eliminandone due dalla curva attuale. Una proposta in linea con le tendenze internazionali e con le esigenze di avere un prelievo fiscale sui redditi simile a quello della media europea. L’intenzione è quella di traslare verso il basso l’intera struttura dell’Irpef così da ottenere anche un recupero di base imponibile, emergente da situazioni di elusione o evasione fiscale. Imposte più basse e più europee, soprattutto in una fase difficile dell’economia, dovrebbero facilitare la crescita degli adempimenti spontanei dei contribuenti così da permettere all’amministrazione finanziaria di concentrare i suoi sforzi operativi sulle grandi società e le grandi banche. Il governo già dispone di una delega in materia fiscale e può quindi procedere rapidamente nella direzione dell’Irpef con tre sole aliquote, definendo anche la riorganizzazione co-mplessiva dell’intera struttura delle esenzioni o agevolazioni fiscali. Materia, quest’ultima, in Italia mai trattata organicamente da sempre. Ridurre il carico fiscale sulle persone fisiche aiuterebbe la ripresa economica favorendo i consumi e darebbe, soprattutto, un segnale positivo alle aspettative dei cittadini, ancora alla ricerca di un segnale forte per considerare definitivamente superata la crisi. È una riforma che si può fare senza accrescere il disavanzo di bilancio pubblico giocando proprio sul binomio ridefinizione delle aliquote-minori agevolazioni specifiche. E per la prima volta in questa legislatura c’è una proposta di riforma fiscale sul tavolo.


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