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Appalti, niente ribassi sul costo del lavoro
Il decreto sviluppo - L'esame in Parlamento/Opere pubbliche. Approvato un emendamento dei democratici che blocca gli «sconti» anche per la sicurezza

ROMA – Il costo del lavoro non può più essere oggetto di ribassi in tutti gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. A sorpresa, con un emendamento al decreto sviluppo presentato da Cesare Damiano (Pd) e approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera gli appalti perdono una delle voci di costo finora manovrabili in fase di offerta. L’emendamento prevede che l’offerta migliore deve essere individuata dalla stazione appaltante «al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali». I minimi sono quelli previsti dai Ccnl. Niente sconti neanche sulla sicurezza (ma per i lavori pubblici è già così). Per Damiano «continua così la lotta contro il lavoro nero». Ma proprio il Pd è incappato in un pasticcio: è a firma di Amalia Schirru e altri 15 parlamentari Pd l’emendamento che cancella da tutti gli appalti di lavori, servizi e forniture il collocamento obbligatorio dei disabili, che invece il Governo nella formulazione originaria del decreto aveva mantenuto. «Un errore nella riformulazione – si difende la Schirru – di cui mi sono accorta solo dopo e che cercherò ora di correggere». Oltre alla norma anti?sommerso, il pacchetto di modifiche più sostanziose all’articolo 4 del decreto sviluppo, dedicato agli appalti, riguarda la progettazione e, in particolare, architetti, ingegneri e società di ingegneria. Raddoppia e passa da 20mila a 40mila la soglia per gli affidamenti dei progetti a piena discrezionalità del responsabile del procedimento. In pratica, il funzionario della stazione appaltante potrà scegliere senza alcun vincolo di trasparenza o di rotazione il progettista di fiducia per incarichi fino a 40mila euro. È stato bloccato però l’affondo della Lega che proponeva di portare fino a 193mila euro il limite per evitare del tutto le gare di progettazione. L’Oice, l’associazione delle società di ingegneria, è soddisfatta per l’approvazione della proposta che rende più facile l’accesso al mercato delle società appena costituite, che potranno dimostrare i requisiti tecnici e organizzativi in base agli ultimi cinque anni e non più solo a tre. Anche nei servizi, poi, le amministrazioni potranno restringere il numero di candidati da invitare. Anche il Durc (documento unico di regolarità contributiva) viene eliminato negli appalti più piccoli, di servizi e forniture sotto i 20mila euro: sarà sostituito da un’autocertificazione. Via libera dalle commissioni anche al lungo emendamento dei relatori, che contiene numerose modifiche puntuali ma non rivoluziona l’impianto della riforma del Governo: si allinea a un milione di euro la trattativa privata sui beni culturali, si abbassa dal 30 al 20% la quota di lavori subappaltabili se l’affidamento è avvenuto a trattativa privata. Nessuna apertura, invece, è arrivata da Parlamento e Governo sul giro di vite imposto da Tremonti su varianti e riserve. Per quanto riguarda invece l’articolo 5 su edilizia e urbanistica, i costruttori incassano una semplificazione: i piani urbanistici attuativi conformi al Prg possono essere approvati dalla Giunta, senza attendere i consigli comunali. Una novità importante anche per la vendita di case in edilizia convenzionata: anche se ottenute a prezzo «politico», dopo cinque anni potranno essere rivendute a prezzo di mercato.


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