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Risparmi con i costi standard nei ministeri
La manovra. Il premier annuncia che il varo slitterà a dopo la verifica e il consiglio europeo del 24 giugno

ROMA – Costi standard anche nei ministeri e nelle amministrazioni periferiche. L’estensione ad altri settori pubblici del modello federalista per la sanità è un’ipotesi che i tecnici del ministero dell’Economia stanno valutando con attenzione in vista della stesura della manovra pluriennale da 45 miliardi. Tra le opzioni dell’ultima ora anche il blocco totale del turn over nel pubblico impiego, l’accorpamento delle Province alle prefetture, un prelievo sulle pensioni più alte e un corposo giro di vite su auto blu e voli di Stato. Il menù, dunque, si arricchisce. Per le scelte definitive il ministro Giulio Tremonti avrà a disposizione più tempo visto che il varo della manovra, insieme alla delega fiscale, slitta dal 23 giugno alla fine di giugno, probabilmente a martedì 28. Ad annunciare questo allungamento dei tempi è stato ieri Silvio Berlusconi alla fine del Consiglio dei ministri, che era stato preceduto da un incontro del premier con Tremonti e Umberto Bossi. «La manovra la presenteremo nei giorni immediatamente successivi alla verifica del 22 giugno, all’inizio della settimana successiva», ha detto Berlusconi aggiungendo che il via libera avverrà quindi anche dopo il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. A spingere per rinviare il varo del piano pluriennale di finanza pubblica sarebbe stata soprattutto la Lega. Nel frattempo i tecnici del Tesoro continuano a lavorare alla griglia dei possibili interventi. Al momento appaiono quasi certi la soppressione di una nuova tranche di enti pubblici e strutture burocratiche (tra cui molto probabilmente l’Ice), un intervento massiccio sugli acquisti di beni e servizi, in particolare quelli di comuni e regioni, e il passaggio dalla spesa storica ai costi standard nella sanità. La manovra investirà direttamente anche i ministeri e le amministrazioni periferiche: allo studio, oltre al ricorso ai costi standard, il potenziamento dei nuclei ispettivi di controllo interno e, in generale, dei meccanismi di spending review. In bilico l’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle lavoratrici private (i sindacati sono contrari e il ministro Maurizio Sacconi frena) mentre il ministro Renato Brunetta torna a smentire la proroga del blocco della contrattazione (tra l’altro i tendenziali di spesa non prevedono il rinnovo). Sul pubblico impiego circola invece l’ipotesi di un’estensione al cento per cento del blocco del turn-over, oggi limitato all’80% delle uscite. Se confermata la misura si tradurrebbe nella cancellazione delle residue 12-13mila assunzioni che amministrazioni centrali, agenzie, enti locali e Regioni attualmente riescono a fare ogni anno, con un risparmio di circa 720 milioni di euro. Si tratterebbe, in ogni caso, di una misura difficile da gestire sul piano politico e sindacale, esattamente come lo sarebbero i nuovi interventi sul fronte previdenziale. Oltre all’ipotesi di innalzamento graduale dell’età di pensionamento delle lavoratrici del privato, sarebbe stato messo a punto anche un nuovo parziale blocco delle rivalutazioni delle «pensioni d’oro», vale a dire quelle che superano di almeno 5 volte le minime. E una «solidarietà» che prevede un taglio di questi assegni per dare più sollievo alla pensioni povere.

LA PAROLA CHIAVE

Costi standard
Sono la principale novità introdotta dal federalismo fiscale. Indicano un livello di spesa efficiente e identico sull’intero territorio nazionale per assicurare l’erogazione di un determinato servizio. La legge 42 del 2009 e i relativi decreti attuativi ne hanno sancito l’introduzione per Regioni, Province e Comuni. I più importanti riguarderanno la sanità: il livello di spesa «standard» andrà fissato sulla base dei costi registrati in tre Regioni «benchmark» scelte da Governo e Conferenza unificata in una rosa di cinque. Ora si sta studiando la loro estensione ai ministeri.


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