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Ok ai servizi in house o misti
Dopo il referendum. Il risultato non modifica le gestioni esistenti che possono proseguire fino a scadenza

Il risultato del referendum non tocca le gestioni di servizi pubblici locali esistenti che possono proseguire sino alla scadenza naturale, a condizione che siano coerenti con l’ordinamento comunitario. L’abrogazione dell’articolo 23-bis della legge n. 133/2008 a seguito degli esiti della consultazione del 12-13 giugno (quesito numero 1) produce una serie di effetti sul sistema di riferimento per i servizi pubblici locali con rilevanza economica, dei quali i comuni devono tener conto per l’elaborazione di adeguate strategie. Una delle conseguenze del venir meno della norma è rilevabile nelle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 26 gennaio 2011 (con la quale è stato ritenuto ammissibile il quesito referendario). La Consulta, facendo riferimento in molti punti alla sua analisi del sistema dei servizi pubblici prodotta con la sentenza n. 325/2010, ha evidenziato che l’articolo 23-bis costituiva normativa più restrittiva rispetto al quadro regolativo comunitario, il quale si pone come normativa diretta a favorire l’assetto concorrenziale minimo e inderogabile del mercato. L’articolo 86, comma 2 del Trattato Ue, infatti, determina anche per le società partecipate l’essere soggette alle regole della concorrenza. L’esito di maggior impatto del referendum è senza dubbio la possibilità di proseguire le gestioni esistenti, affidate a società in house o miste, sino alla loro scadenza naturale, poiché la dead line del 31 dicembre 2011 non è più prevista. La rilevanza dell’ordinamento comunitario sancita dalla Corte costituzionale impone tuttavia alle amministrazioni locali di sottoporre a un’accurata revisione tutti gli affidamenti di servizi pubblici in essere, per verificarne la coerenza e tenuta rispetto ai parametri delineati dall’Unione europea per la gestione dei servizi di interesse generale, nonché per stabilire un’adeguata strategia nel medio periodo. Per gli affidamenti in house sfumano i presupposti di eccezionalità e non è più necessario il parere dell’Agcm, ma devono necessariamente sussistere sia il controllo analogo da parte degli enti locali soci, sia lo svolgimento della maggior parte dell’attività della società a favore degli stessi. Qualora un’amministrazione intenda costituire una società mista, dovrà comunque attenersi ai principi del partenariato pubblico privato di tipo istituzionale, individuati dalla Commissione Ue nella comunicazione interpretativa C(2007)6661 del 5 febbraio 2008, nella quale stabilisce che il socio privato deve essere scelto con procedura ad evidenza pubblica (gara) ed allo stesso devono essere affidati contestualmente specifici compiti operativi. Anche questo principio è stato assunto nella giurisprudenza nazionale. Le linee-guida della Commissione Ue non individuano peraltro alcuna percentuale di capitale sociale da attribuire al partner privato. Per questo tipo di organismi risulta possibile l’acquisizione di servizi ulteriori, tuttavia solo partecipando a gara, come la giurisprudenza comunitaria e quella nazionale hanno evidenziato, anche di recente (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 2222 del 11 aprile 2011). L’eliminazione dei vincoli dettati dall’articolo 23-bis in ordine ai modelli gestionali per i servizi pubblici locali permette di ipotizzare soluzioni diverse, tra le quali anche la gestione in economia, quando il servizio sia di modesta entità (come affermato dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 552 del 26 gennaio 2011). Gli effetti dell’abrogazione del l’articolo 23-bis non incidono invece sulle discipline settoriali della distribuzione di gas naturale, della distribuzione di energia elettrica, della gestione delle farmacie comunali e del trasporto ferroviario regionale, espressamente sottratte dalla stessa norma alla sua sfera applicativa ed evidenziate come oggetti esclusi dalla portata del referendum dalla sentenza n. 25/2010 della Corte costituzionale. Pertanto può proseguire il processo di sviluppo delle gare per il gas sulla base della recente determinazione degli ambiti territoriali minimi.

Gli esiti

01 | SERVIZI LOCALI abrogazione articolo 23-bis legge n. 133/2008; inapplicabilità Dpr n. 168/2010; eliminazione remunerazione investimenti in tariffa servizio idrico

 02 | EFFETTI DERIVATI nessuna reviviscenza della normativa previgente all’articolo 23-bis (articolo 113 del Tuel); gestione dei Spl necessariamente coerente con il quadro di regole pro-concorrenziali definito dall’ordinamento comunitario (quadro di riferimento per affidamenti).

03 | GESTIONI PARTICOLARI affidamenti in house consentiti a condizione che sussistano i parametri richiesti dall’ordinamento comunitario; affidamenti a società miste necessariamente conformi al Ppp istituzionale (scelta del socio privato con gara e contestuale affidamento di specifici compiti operativi; gara necessaria per affidare ulteriori servizi alla società).


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