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Dipendenti: ferie con il «2+2»
Aziende & vacanze - Il datore deve monitorare con molta più attenzione gli adempimenti imposti alle norme italiane da due direttive comunitarie: il rispetto del periodo minimo e il «calendario» di utilizzo

Il diritto alle ferie annuali retribuite è garantito dalla Costituzione (articolo 36, comma 3) ed è irrinunciabile poiché l’istituto è finalizzato al ristoro psico-fisico del lavoratore. Sicché ogni patto contrario è nullo. La disciplina delle ferie ha subito negli ultimi anni diversi ritocchi, necessari per adeguarsi al quadro normativo comunitario. Ritocchi che hanno costretto le aziende a seguire la materia con molta più attenzione, perché il periodo minimo e il “calendario” della fruizione non sfuggano ai nuovi adempimenti. È vero che già il Codice civile (articolo 2109, commi 2 e 3) prevedeva (e prevede) il diritto del lavoratore a un «periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro… L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie». In passato, però, accadeva spesso che i lavoratori preferissero non godere delle ferie e percepire l’indennità sostitutiva delle stesse. È stato anche per porre fine a questa prassi che il legislatore, nel recepire due direttive comunitarie ha disposto che: «fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’articolo 2, comma 2 (ossia quelle che svolgono attività nell’ambito dei servizi di sicurezza, di protezione civile o degli altri servizi di interesse pubblico indicati da quest’ultima norma, ndr), va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro». Le ferie maturano in relazione all’effettiva prestazione di lavoro, valutata (in linea generale) su base annuale oppure – in ipotesi di inizio o cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno – in proporzione al periodo di servizio effettivamente prestato. Valga altresì osservare che le ferie maturano in alcuni casi di assenza, che la legge o la contrattazione collettiva equiparano a servizio effettivo (ad esempio, come si vedrà a parte, durante la malattia). Inoltre e tra l’altro, le ferie maturano: – durante il periodo di prova (Corte costituzionale 22 dicembre 1980, n. 189); – durante il congedo di maternità obbligatorio, nonché durante l’astensione anticipata per gravidanza a rischio o lavoro a rischio e durante la proroga del congedo di maternità per lavoro a rischio. Di contro, le ferie non maturano durante la sospensione del lavoro per sciopero, ovvero durante i periodi di cassa integrazione a zero ore (circolare Inps n. 52020/Gs/1979 e Cassazione n. 408/1991). La durata minima delle ferie è di quattro settimane per un anno di servizio, equivalenti, nel caso di fruizione di un periodo feriale consecutivo, a 28 giorni di calendario (circolare ministero Lavoro 3 marzo 2005, n. 8); la contrattazione collettiva nazionale o aziendale, tuttavia, può prevedere una durata minima superiore, nonché una durata differenziata a seconda della qualifica e dell’anzianità di servizio dei lavoratori, oltre ai criteri di calcolo della stessa. I contratti collettivi, peraltro, possono stabilire la durata delle ferie in settimane, giorni di calendario o giorni lavorativi: in quest’ultimo caso, se la settimana lavorativa è considerata di sei giorni, nel calcolo delle ferie va conteggiato il sabato anche se non è lavorativo. Per quanto riguarda la fruizione delle ferie, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che spetta al datore di lavoro la scelta del tempo in cui le ferie vanno fruite «nel contemperamento delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore», senza che ciò possa comportare la vanificazione delle finalità cui le stesse sono preordinate e di cui si è detto (tra le molte, Corte Costituzionale 543/1990) e che il godimento infra-annuale dell’intero periodo di ferie va contemperato con le esigenze di servizio che «dovranno essere considerate dall’imprenditore con una tempestiva programmazione». Il ministero del Lavoro, con la circolare n. 8/2005, ha poi chiarito che si possono distinguere tre periodi di ferie: un primo periodo pari ad almeno due settimane, da fruirsi entro l’anno di maturazione e, su richiesta del lavoratore, in modo ininterrotto; un secondo periodo di due settimane da fruirsi anche in modo frazionato, ma entro i 18 mesi dalla fine dell’anno di maturazione; un terzo periodo, superiore al minimo di 4 settimane, che può essere fruito anche in modo frazionato ma entro il termine stabilito dall’autonomia privata dal momento della maturazione. Durante il periodo di fruizione delle ferie al lavoratore deve essere corrisposta la normale retribuzione. Le ferie non fruite al termine del periodo in cui devono essere godute devono in generale essere differite, in applicazione del cosiddetto divieto di monetizzazione. Nonostante ciò, appare consentito compensare le ferie con l’indennità sostitutiva nei seguenti casi: – ferie eccedenti il periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge, laddove non vietato dal Ccnl applicato; – ferie residue al momento della cessazione del rapporto di lavoro che avvenga in corso d’anno.


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