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Senza Equitalia per i Comuni leva spuntata sugli incassi
La Lega rilancia ma il Dl sviluppo indebolisce la lotta all'evasione

MILANO – Il rilancio sui Comuni «virtuosi» ha aperto il comizio di Umberto Bossi a Pontida; nell’attesa, però, i sindaci e i loro tecnici sono impegnati soprattutto a prevedere, con una buona dose di ansia, gli effetti che avrà sui loro bilanci l’addio di Equitalia e la mini-riforma della riscossione locale scritta nel maxi-emendamento governativo al Dl Sviluppo. Sulle nuove regole, le domande che agitano i sindaci sono soprattutto tre. Quali strumenti avranno in mano i successori di Equitalia, che oggi riscuote di tributi nella maggioranza degli enti italiani? Secondo la relazione tecnica del Governo, emersa oggi, le nuove norme danno a Comuni e società in house il «ruolo», oggi monopolio dell’agente nazionale della riscossione e più efficace della vecchia «ingiunzione», per quanto modernizzata, ma la cosa appare tutt’altro che scontata. Il maxiemendamento ripropone testualmente il «Milleproroghe» di fine 2007, che attribuisce ai Comuni e alle loro società gli strumenti della riscossione coattiva «in quanto compatibili» con la disciplina locale, ma non ha mai aperto la strada del ruolo. Per le società private (sono un’ottantina quelle iscritte all’albo), anzi, la mini-riforma riporta le lancette al 1910, prevedendo per loro la procedura classica dell’ingiunzione tramite ufficiale giudiziario. Seconda domanda: che cosa succederà ai ruoli che a Capodanno non saranno arrivati al traguardo della riscossione? Il maxiemendamento stabilisce che «dal 1° gennaio 2012 cessa le attività di accertamento, liquidazione e riscossione», senza preoccuparsi di disciplinare la fase transitoria e un passaggio di consegne graduale fra il vecchio e i nuovi protagonisti della riscossione locale. Il terzo interrogativo riguarda invece le conseguenze della nuova disciplina sulla propensione al pagamento dei debiti al Comune, che in molte città e per alcune voci (prima su tutte, le multe) è già scarsa. Il limite a 2mila euro, che impone di attendere due avvisi “bonari” distanziati di sei mesi l’uno dall’altro prima di far scattare l’eventuale ganascia fiscale, nel campo dei tributi locali coinvolge la grande maggioranza delle pendenze dei cittadini. Già con gli strumenti attuali, il pagamento puntuale, nell’anno di competenza, di Ici, Tarsu e altre tasse locali non supera il 66% del dovuto (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), e nelle multe scende intorno al 50 per cento. Numeri che certo non miglioreranno dopo la drastica limatura alle unghie della riscossione coattiva, unita all’esigenza di riorganizzare integralmente il servizio in meno di sei mesi (in mezzo c’è l’estate) riportando l’attività all’interno o affidandola a una società pubblica. I limiti alle partecipate pensati dalla legislazione pro-mercato, che per esempio impediscono alle società in house di operare fuori dal Comune che le ha create, imporrebbero agli oltre 5mila piccoli enti di costruirsi una società ad hoc (magari mettendosi insieme in Unioni e associazioni), nell’ovvia impossibilità di trovare nei propri mini-organici degli «ufficiali della riscossione» a cui affidare il servizio. Un rebus, che alcune voci anche all’interno della maggioranza (per esempio quella di Maurizio Leo, ex assessore al bilancio di Roma e deputato Pdl) già chiedono di modificare.


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