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Nel 2025 ritiro posticipato di 13 mesi
La simulazione. Gli effetti dell'accelerazione della riforma che ritocca l'età di pensionamento

Si vive più lungo. Si va in pensione più tardi: due o tre mesi aggiuntivi di lavoro ogni triennio. Le pensioni si annunciano, ancora una volta, come uno dei piatti forti del menu della manovra pluriennale da 43-45 miliardi alla quale sta lavorando il governo. Nel mirino sembra esserci il meccanismo che lega i requisiti anagrafici per ottenere la pensione agli incrementi della speranza di vita. Un meccanismo da molti considerato il fiore all’occhiello del sistema previdenziale italiano e che è guardato con interesse sia dalla Ue sia da molti Stati europei alle prese con il problema del controllo della spesa. Ma andiamo con ordine. Già ora è previsto che – a partire dal 2015 – i requisiti di età per accedere al pensionamento saranno adeguati ogni tre anni per tenere conto dell’aumento della speranza di vita. La legge n. 122/2010 (che ha convertito il Dl 78) ha stabilito che in fase di prima applicazione, la crescita dei requisiti non potrà superare i 3 mesi e che il secondo adeguamento, in deroga alla regola della periodicità triennale, sarà effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019 (per uniformarne la periodicità temporale alla rideterminazione dei coefficienti di trasformazione delle pensioni). Se le anticipazioni circolare in queste ore saranno confermate, tra le possibili misure della manovra pluriennale che sarà varata la prossima settimana, ci sarà anche una norma finalizzata ad accelerare questo percorso. Il piano allo studio prevede di far debuttare il meccanismo con due anni d’anticipo, quindi nel gennaio 2013. Gli adeguamenti successivi dovrebbero poi avere cadenza triennale (in perfetta armonia con la revisione dei coefficienti di trasformazione): il secondo adeguamento nel 2106, il terzo nel 2019 e così di seguito. Le tabelle pubblicate in sopra provano a simulare l’impatto dell’anticipo del-l’applicazione del nuovo meccanismo (si tratta solo di ipotesi, in quanto il compito di disciplinare l’adeguamento è già ora affidato a un futuro decreto dei ministeri del Lavoro e dell’Economia). Con la progressione che il nuovo meccanismo dovrebbe introdurre a partire dal 2013, servirà un anno di età in più (13 mesi, per l’esattezza) per andare in pensione nel 2025. In pratica, per ottenere la pensione di anzianità un lavoratore dipendente dovrà avere un’età di 62 anni e un mese e un autonomo iscritto all’Inps di 63 anni e un mese. Stesso incremento è previsto per l’accesso alla prestazione di vecchiaia. Naturalmente, non va scordato che questa novità si aggiungerebbe a quella in vigore dal 1° gennaio e che ha modificato le regole per la decorrenza della pensione, di allungando di fatto il periodo di permanenza al lavoro. Per il lavoratori dipendenti, infatti, l’assegno, può essere materialmente percepito solo dal 13° mese successivo al raggiungimento dei requisiti (19° mese per gli autonomi). In futuro, quindi, la permanenza al lavoro si allungherà ancora: nel 2028, per esempio, un uomo del settore pubblico raggiungerà i requisiti per l’anzianità al compimento dei 62 anni e 3 mesi, ma potrà andare in pensione solo quando avrà compiuto 63 anni e 3 mesi (il 13° mese dopo il raggiungimento del requisito).


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