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Il Senato prova lo sprint: sì in 7 giorni
L'accelerazione in Parlamento. Pdl e Lega: presenteremo pochi emendamenti - Oggi Berlusconi potrebbe intervenire alla capigruppo

ROMA – L’obiettivo adesso è fare presto. Renato Schifani ha convocato per oggi alla 13 la conferenza dei capigruppo per determinare anzitutto i tempi dell’approvazione della manovra, che potrebbe addirittura arrivare nel giro di una settimana. Una corsa contro il tempo sollecitata anzitutto dal Capo dello Stato ma anche dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti per reagire all’attacco speculativo contro l’Italia. Le opposizioni hanno risposto compatte: Pd, Udc e Idv hanno dichiarato che presenteranno appena una manciata di emendamenti a saldi invariati, rinunciando a qualunque forma di ostruzionismo che possa rallentrare i tempi di approvazione del provvedimento. Una linea accolta anche dalla maggioranza. Silvio Berlusconi tace. Il premier, rimasto ieri ad Arcore, «non vuole prestarsi a strumentalizzazioni in un momento così delicato», sostengono ai piani alti del Pdl. Ma l’appello di Giorgio Napolitano alla «coesione nazionale» insieme all’invito della cancelliera tedesca Angela Merkel a dare in tempi rapidissimi il via libera alla manovra, non sono affatto sottovalutati. I propositi bellicosi dei giorni scorsi, quel sottolineare la necessità di «profondi miglioramenti», il sostenere che non contano solo «i mercati come dice Tremonti» ma anche «i voti e il consenso» sono stati travolti dall’uno-due che ha colpito l’Italia venerdì e ieri in cui si è toccato il nuovo record sugli spread tra i bund tedeschi e i titoli del debito italiano. Anche le voci su un blitz per far rientrare nella manovra la norma salva-Fininvest sono ormai isolatissime (unica ieri a riproporlo il sottosegretario Daniela Santanché). Rimuovere gli ostacoli e fare presto è ora l’imperativo categorico. Anche perché il rischio, altrimenti, potrebbe essere quello di un ulteriore irrobustimento della manovra. Uno scenario che per ora nessuno vuole prendere in considerazione, ma che resta comunque sullo sfondo. «Pochi e qualificanti emendamenti» annunciano i capigruppo del Pdl Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. «Il nostro obiettivo – spiegano – è quello di garantire il rispetto assoluto delle indicazioni della Ue, ai fini dell’abbattimento del debito pubblico e dell’azzeramento del deficit, e di offrire ulteriori strumenti di rigore, ma anche di equità, per favorire questo risultato». Le richieste di modifica puntano soprattutto a tutelare «i piccoli risparmiatori» e i pensionati. Temi cari anche all’opposizione del resto. Anche la Lega si muove su questa linea. Umberto Bossi ha ribadito che il Carroccio resta al Governo per evitare all’Italia di «fare la fine della Grecia». Il Senatur torna a difendere il ministro dell’Economia, ma non rinuncia a rivendicare lo stralcio sul-l’allungamento dell’età pensionabile per le donne, definita «una porcata». Maroni e Calderoli hanno ieri fatto il punto al Senato con il capogruppo Bricolo, per concordare le richieste di modifica che più stanno a cuore al Carroccio (in primis il patto di stabilità interno). Ma anche sul fronte dei Padani si avverte un cambiamento di strategia, rispetto alla scorsa settimana. Qualcuno nella maggioranza comincia a chiedersi se quell’appello alla «coesione» del Quirinale non debba tradursi in una solidale assunzione di responsabilità con l’opposizione. E non è un caso se anche un berlusconiano integerrimo come Osvaldo Napoli invita proprio il premier «ad attivarsi nelle prossime ore e a convocare Bersani, Di Pietro e Casini per concordare con loro un confronto veloce e puntuale, ma con la priorità sulla velocità. Il confronto deve restare sui fatti. Né la filosofia né l’impianto della manovra possono essere messi in discussione: sarebbe fatale per il nostro debito e per l’Italia». Berlusconi oggi rientrerà a Roma (come anche Tremonti) e non è da escludere che il premier si presenti a Palazzo Madama per concordare anche con l’opposizione tempi e modifiche della manovra. Uno scatto che potrebbe consentire di convertire il decreto in tempi record: mercoledì al Senato e venerdì alla Camera, senza neppure la necessità di ricorrere alla fiducia. Mai successo.


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