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Tracciabilità, risparmiati i legali
APPALTI/La determinazione 4/2011 dell'Authority rischia di con-fondere gli operatori

Rischio caos sugli incarichi di patrocinio legale conferiti dalle pubbliche amministrazioni agli avvocati. La determinazione 7 luglio 2011, n. 4, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dedicata alla tracciabilità dei flussi finanziari in applicazione dell’articolo 3 della legge 136/2010 (si veda ItaliaOggi del 9 luglio scorso), ha creato non poca confusione tra gli operatori nella parte in cui afferma che «il patrocinio legale, cioè il contratto volto a soddisfare il solo e circoscritto bisogno di difesa giudiziale del cliente, sia inquadrabile nell’ambito della prestazione d’opera intellettuale, in base alla considerazione per cui il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richieda qualcosa in più, “un quid pluris per prestazione o modalità organizzativa”». Coerentemente con tale affermazione, la determina considera non necessario acquisire il Codice identificativo gara (Cig) per affidare l’incarico di patrocinio, che così risulterebbe sottratto alle regole sulla tracciabilità. L’Authority basa il proprio avviso sul parere della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata 3 aprile 2009, n. 19. Tale parere sostiene che «non sembra sufficiente l’aver qualificato “servizio” la prestazione libero professionale resa dall’avvocato per ritenerla senz’altro compresa nella categoria dei “servizi legali”, di cui all’allegato II B richiamato dall’art. 20 del Codice dei contratti pubblici». Secondo la Sezione, si tratta di un contratto di prestazione d’opera intellettuale vero e proprio, anche perché così non può che essere qualificato il rapporto intercorrente tra un legale e un privato. Aggiunge la Sezione che una medesima prestazione non può mutare la propria natura giuridica a seconda della personalità giuridica del committente. Sarebbe, invece, appalto di servizi «il conferimento di incarico per prestazioni che prevedano, oltre al patrocinio legale delle vertenze che sorgeranno entro un arco di tempo determinato, anche l’attività di consulenza legale a favore dell’ente». L’assunto cui giunge l’Authority passando per il parere della Sezione Basilicata presta però il fianco a qualche rilievo. Da un lato va dato conto del fatto che la magistratura contabile non è per nulla così univoca sul merito della questione. Infatti, di opinione diametralmente opposta è il parere della Sezione regionale di controllo per il Veneto 21 gennaio 2009, n. 7, il quale ha affermato che «la categoria dei “servizi legali”, a causa del suo carattere residuale, ricomprenda tutti i “contratti” pubblici (locuzione questa utilizzata dal legislatore, all’art. 1 del codice in luogo di quella più ristretta di appalto) aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere che non siano assoggettati ad una più rigorosa disciplina pubblicistica sotto diversi aspetti, compreso quello della trasparenza, pubblicità e rispetto della libera concorrenza». In secondo luogo, è facile affermare come sia arbitraria la distinzione tra l’incarico di patrocinio «isolato», qualificabile come prestazione intellettuale, ed un insieme programmato di attività legali. Quest’ultimo altro non sarebbe che un contratto «quadro», cioè una programmazione tra le parti di più prestazione del medesimo genere e tipologia, resa concreta da singole contrattazioni attuative, le quali, se il ragionamento proposto dall’Authority e dalla Sezione Basilicata fosse corretto, sarebbero tante prestazioni intellettuali. La qualificazione giuridica del committente è, invece, fondamentale per determinare la natura giuridica di un contratto: esso assume la configurazione di appalto e deve obbedire alle regole del dlgs 163/2006 e delle direttive Ue in materia appunto quando il committente è pubblico. Per i rapporti tra i privati esistono altre discipline, che esentano dal configurare come «appalti» le prestazioni di servizi, proprio perché i rischi di ripercussioni negative per la concorrenza sono di gran lunga inferiori nel caso di committenza privata. In ogni caso, l’articolo 8 del dlgs 59/2010 (attuativo della direttiva «Bolkestein») ai sensi del quale è servizio «qualsiasi prestazione anche a carattere intellettuale svolta in forma imprenditoriale o professionale, fornita senza vincolo di subordinazione e normalmente fornita dietro retribuzione» aiuta a qualificare le attività dei legali esattamente come servizio. Né il decreto legislativo esclude dal suo ambito di applicazione i servizi svolti avvocati. Pertanto, se nel mercato interno l’attività dei legali è considerata servizio anche tra privati, non si vede come si possa escludere la natura di appalto di servizio se il committente è una pubblica amministrazione.


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