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Enti locali, giro di vite sul Patto
MANOVRA CORRETTIVA - Le novità in arrivo con il disco verde alla conversione del dl 98

Cancellati i nuovi tagli a devoluzioni, compartecipazioni e trasferimenti, ma confermato il giro di vite sul Patto di stabilità interno. Cambia nuovamente l’identikit dei virtuosi e viene impressa un’accelerazione all’obbligo di gestione associata delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni. Queste le principali novità per gli enti locali contenute nel dl 98/2011 che ha avuto ieri l’ok al Senato e che sarà oggi alla Camera per il definitivo via libera. Via i tagli. I correttivi all’art. 20 cancellano i tagli imposti dai commi 6, 7 e 8 del testo vigente agli enti locali, che si sarebbero visti decurtare 1.400 milioni nel 2013 (1.000 i comuni e 400 le province) e il doppio a partire dal 2014 (2 mila milioni i comuni e 800 milioni le province). La mannaia – che sarebbe dovuta calare sui fondi sperimentali di riequilibrio e (a regime) su quelli perequativi previsti dai decreti attuativi del federalismo fiscale (dlgs 23/2011 e 68/2011), oltre che sui trasferimenti erariali ancora dovuti agli enti di Sicilia e Sardegna – avrebbe comportato una doppia batosta, cumulandosi con il giro di vite, di identico valore e proporzioni, a valere sul Patto di stabilità interno, previsto dal comma 5 e confermato dal testo emendato. Gli effetti negativi dell’allentamento della stretta sul saldo netto da finanziare (cifrati in soli 700 milioni per il 2013 e 1.400 dal 2014, verosimilmente in quanto le proiezioni iniziali già scontavano nella misura massima possibile la riduzione del 50% del taglio a favore degli enti più virtuosi, prevista dall’ultimo periodo del comma 7) sono compensati mediante una riduzione di pari importo delle risorse destinate a rimborsi e compensazioni fiscali. Confermati, invece, «fino alla entrata in vigore di un nuovo Patto di stabilità» federalista, i tagli previsti dalla manovra estiva 2010 (dl 78/2010, convertito dalla legge 122/2010), che il comma 4 estende anche agli anni 2014 e successivi. Nuovo identikit per i virtuosi. Confermata la promessa di alleggerimenti della manovra per gli enti virtuosi, che tuttavia saranno identificati sulla base di parametri diversi da quelli inizialmente individuati. Escono di scena situazione finanziaria, anticipazioni del tesoriere, sedi e uffici di rappresentanza e auto di servizio, mentre fanno il loro ingresso equilibrio di parte corrente, capacità di riscossione delle entrate correnti e ricorso a operazioni di dismissione delle partecipazioni societarie «nel rispetto della normativa vigente». Ma soprattutto «prioritaria considerazione» viene data alla capacità di «convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard». Inoltre, il nuovo comma 2-bis prevede che, a decorrere dalla determinazione dei Lea e degli obiettivi di servizio, debbano essere elaborati «indicatori qualitativi e quantitativi relativi agli output dei servizi resi», anche attraverso tecniche di benchmarking rispetto alle realtà con il miglior rapporto qualità-costi. Si tratta di una novità importante, che colma una delle più gravi lacune della griglia iniziale. Confermati (talora con qualche modifica) i parametri relativi al rispetto del Patto, al rapporto fra spesa in conto capitale e spesa corrente , all’incidenza della spesa di personale e al tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale. In ogni caso si dovrà tenere conto della «dinamica di miglioramento conseguito dalle singole amministrazioni rispetto alle precedenti», attraverso l’individuazione di un coefficiente di correzione da applicare ad ogni singolo parametro. Tale accorgimento è ulteriormente specificato in ordine al parametro relativo alla spesa di personale, per la cui valutazione occorrerà tenere conto del «valore all’inizio della legislatura o consiliatura e delle sue variazioni nel corso delle stesse». Ciò, evidentemente, per non penalizzare troppo gli amministratori che dovessero subentrare a predecessori non particolarmente virtuosi, ricevendo in eredità gestioni inefficienti e bilanci da risanare. Nel complesso, la lista si allunga ad 11 voci, ma permane la mancanza di qualsivoglia indicazione sui pesi da attribuire a ciascuna di esse e sulle modalità con cui verranno definiti i relativi indicatori. Sarà, pertanto, decisivo il decreto con il quale il Mef (d’intesa con la Conferenza Unificata) dovrà riempire di contenuti concreti le predette previsioni al fine di ripartire i diversi enti nelle quattro classi «di merito». Per i primi della classe si conferma l’azzeramento del concorso alla manovra, che per le province viene anticipato al 2012, mentre per i comuni scatterà nel 2013. Confermato (e, anzi, blindato) anche il bonus da 200 milioni di euro per il 2012 (da condividere anche con le regioni). Sprint sulle gestioni associate obbligatorie. Gli emendamenti cercano di accelerare l’iter attuativo dell’art. 14, commi 25-31, del dl 78/2010, che, come noto, ha introdotto l’obbligo di gestione in forma associata (attraverso convenzione o unione) delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni. In sostanza, vengono elevate a rango di norme primarie la previsioni contenute nella bozza di Dpcm che nelle scorse settimane si era affacciata in Unificata senza, tuttavia, essere approvata. Si tratta di una disciplina che appare per molti versi problematica. In primo luogo, essa detta il timing dell’operazione, imponendo la gestione in forma associata di almeno due funzioni (fra le sei provvisoriamente individuate dalla legge n. 42/2009, ovvero funzioni generali, polizia locale, istruzione pubblica, viabilità e trasporti, gestione del territorio e dell’ambiente, settore sociale) a decorrere dal 2012, di almeno quattro dal 2013 e di tutte dal 2014. Non viene stabilito alcun ordine di priorità fra le singole funzioni, aprendo a scelte differenziate, con il rischio di alimentare una notevole confusione istituzionale. Tale rischio, inoltre, è aggravato dal fatto il limite demografico minimo delle gestioni associate, fissato nel quadruplo del numero di abitanti del comune più piccolo fra quelli coinvolti, in molti casi si collocherà bel al di sotto della soglia individuata dal legislatore per circoscrivere il perimetro dell’obbligo (5 mila o 3 mila abitanti), con possibile proliferazione di aggregazioni di piccola taglia. Senza tacere il fatto che la mappa delle funzioni fondamentali individuata dalla legge sul federalismo fiscale non coincide con quella disegnata dal Codice delle autonomie, ancora all’esame del Parlamento.


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