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Giustizia a dieta: i sindaci «salvano» i giudici di pace
La manovra di Ferragosto

Tutto pronto per il progetto di razionalizzazione della geografia giudiziaria. Quindi ok alla soppressione delle sedi più piccole, con un numero di magistrati insufficiente a soddisfare i requisiti minimi per un corretto funzionamento. Ok anche alla ricollocazione del personale amministrativo dagli uffici del giudice di pace cancellati presso i tribunali e le procure vicine. Bisogna fare forse un ulteriore sforzo e intervenire anche sulle corti d’appello, uffici che più degli altri soffrono problemi di organico e dunque di efficienza. L’emendamento alla manovra di Ferragosto che delega il governo alla «riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari» ha messo tutti d’accordo. I tecnici di Via Arenula sono già al lavoro per preparare le norme che daranno attuazione alla delega. Nei giorni scorsi il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, ha anticipato alcuni contenuti del progetto (si veda l’intervista sul Sole 24 Ore del 13 agosto). Si è così parlato di un numero minimo di magistrati in organico per sancire la sopravvivenza o meno di un tribunale, con l’eccezione delle sedi capoluogo di provincia che non potranno essere toccate. Il parametro di riferimento potrebbe essere quello dei 18 magistrati come indicato anche dal Consiglio superiore della magistratura (confermato dal vicepresidente Csm, Michele Vietti, nell’intervista al Sole 24 Ore di venerdì scorso). Se così fosse, il taglio potrebbe interessare oltre 60 tribunali ai quali vanno aggiunte le 220 sedi distaccate e una lunga serie di uffici di giudici di pace (se ne sono contati circa 700). Sebbene la sopravvivenza di questi ultimi sia legata anche alle possibilità economiche dei municipi in cui trovano sede. Secondo la delega, infatti, gli enti locali interessati avranno 60 giorni di tempo, dal momento in cui il ministero fornirà l’elenco delle sedi di giudice di pace da tagliare, per chiederne il mantenimento. Per ottenerlo, però, dovranno aprire i cordoni della borsa, perché tutti gli oneri di funzionamento saranno mantenuti a loro carico. E con gli attuali vincoli di bilancio per i sindaci non sarà una partita facile. Non sempre, tuttavia, la riorganizzazione deve passare per la soppressione e il conseguente accorpamento. Una strada possibile, anche questa indicata dal ministro, è quella della frammentazione dei tribunali metropolitani. Anche Luciano Panzani, presidente del tribunale di Torino, è di questo avviso: «Sono favorevole alla soppressione di tribunali piccoli, nel nostro distretto ve ne sono alcuni con sei magistrati. Uffici che accumulano arretrato anche per mancanza di specializzazione. Ma anche lo sdoppiamento delle sedi più grandi è un’ipotesi da percorrere». Panzani ricorda però che la riforma, che dovrebbe garantire un risparmio di 80 milioni, non sempre è a costo zero: «accorpando sedi, quella che occupa più magistrati avrà bisogno di spazi maggiori. E poi il trasferimento del personale amministrativo non sempre sarà indolore». Mentre le eventuali conseguenze negative delle fusioni, secondo il presidente del tribunale di Torino «possono essere superate con i mezzi del processo telematico».


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