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Imposte casa oltre la media Ocse
L'Italia è fra i paesi con il più alto rapporto fra il prelievo fiscale sugli immobili e pil

Siamo sicuri che in Italia la tassazione degli immobili sia lieve? Chi l’ha detto che in altri paesi i patrimoni subiscono imposizioni tributarie superiori? Ed è proprio salutare per l’economia una patrimoniale, ordinaria o straordinaria? A questi interrogativi risponde un rapporto che ha pubblicato ieri Confedilizia (Confederazione italiana proprietà edilizia) presieduta da Corrado Sforza Fogliani. «L’Italia», è la conclusione dello studio dell’associazione, »è fra i paesi con il più alto rapporto fra prelievo fiscale sugli immobili e prodotto interno lordo», sostiene Confedilizia, riportando gli ultimi dati dell’Ocse sul rapporto fra imposizione immobiliare e Pil (Prodotto interno lordo). «In particolare», aggiungono i tecnici della confederazione presieduta da Sforza Fogliani, «in Italia le imposte sugli immobili sono state pari in media al 2,2% del Pil nel periodo 2000-2009, con un aumento, nell’ultimo anno rilevato, il 2009, del 42% rispetto all’anno precedente (2,7% rispetto all’1,9% del 2008)». Quella di Confedilizia è una replica indiretta a quanti, dalla Confindustria presieduta da Emma Marcegaglia alla Banca d’Italia governata da Mario Draghi, negli ultimi giorni hanno sostenuto l’esigenza di aumentare la pressione tributaria sugli immobili nell’ambito di una riforma fiscale che sposti il peso dal lavoro e dalla imprese ai patrimoni. È stato spiegato esplicitamente sia dal capo ufficio studi di Confindustria, Luca Paolazzi, che ha indicato la possibilità della reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, sia dal vicedirettore generale della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in una recente audizione in parlamento sulla manovra economica del governo. Soffermandosi sui dati del 2009, si legge nel rapporto di Confedilizia, «si ricava che la proprietà immobiliare subisce in Italia un prelievo tributario rispetto al Pil (2,7%) di gran lunga superiore sia alla media dei paesi Ocse (1,8%) sia alla media dei paesi Ocse appartenenti all’Unione europea (1,6%), in cui la Germania spicca fra quelli con un carico fiscale più basso (0,8%)». «I risultati sulla fiscalità immobiliare in Italia accertati dall’Ocse (comprensivi dell’annualità 2009, e non limitati al 2008) fotografano la situazione della tassazione sugli immobili in modo completo, sulla base di tutti i dati disponibili, segnalando altresì il notevole aggravio che si è avuto proprio nel 2009». L’auspicio della confederazione presieduta da Sforza Fogliani è che le forze politiche e sociali, oltre al governo, «considerino seriamente, al di là di ogni interesse politico e, soprattutto, al di là di ogni moda demagogica, l’ipotesi di un ulteriore aggravio dell’imposizione sugli immobili, tenendo anche presente che un aumento di questa imposizione si avrà comunque per effetto delle disposizioni del federalismo fiscale». Ad avversare l’idea di una patrimoniale è stato, nel corso di un convegno organizzato lo scorso fine settimana a Piacenza da Confedilizia anche l’ex ministro delle Finanze, l’economista Francesco Forte: «La scienza delle finanze», ha detto Forte nella sua relazione, «spiega che le imposte sul patrimonio in una finanza sana si pagano col reddito, perché il fisco per avere un introito permanente deve tassare i frutti non la pianta da cui derivano». È paradossale, ha aggiunto Forte, «che per porre rimedio a una crisi dovuta a carenza di risparmio, cioè dal finanziamento con carte di credito e mutui immobiliari, a soggetti non capaci di restituire il debito, da parte di intermediari finanziari non dotati di adeguati parametri patrimoniali che impiegavano denaro preso a prestito, si voglia tassare proprio il risparmio; e che per fare una politica di crescita basata sulla competitività, che a parità di rapporto capitale/prodotto, comporta più capitale , per avere più prodotto si propugni di porre le imposte sul capitale». «Forse», ha concluso l’editorialista del Giornale e del Foglio, «ci sono residui di comunismo che hanno inquinato banchieri e confindustriali, tanto da convincerli che il capitale è sterco del demonio, non concime per lo sviluppo»


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