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Lo Sviluppo perde 2,3 miliardi

Sarà il ministero per lo Sviluppo economico a pagare di più, in proporzione, la nuova stretta sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato decisa con la manovra correttiva di Ferragosto. Sulla base delle rideterminazioni sui tagli ai budget per il prossimo triennio contenute nel Dpcm firmato ieri da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, il dicastero guidato da Paolo Romani dovrà infatti garantire minori spese per 2,3 miliardi nel 2012, che salgono a 3,154 miliardi nel 2013 e scendono a due miliardi nel 2014. Il ministero dell’Economia, prima amministrazione centrale per «capacità di spesa» visto che il suo bilancio comprende anche i trasferimenti alla Presidenza del Consiglio e agli organi costituzionali, il giro di vite sarà di 2,1 miliardi l’anno prossimo, 1,278 miliardi nel 2013 e 1,2 miliardi nel 2014. Il decreto assolve al compito previsto in manovra di ripartire sulle diverse amministrazioni i nuovi tagli che, per il calcolo dell’indebitamento netto, ammontano a 6 miliardi nel 2012 (che si sommano al miliardo che era già stato previsto a luglio) e 2,5 miliardi nel 2013 (che vanno ad aggiungersi ai 3,5 già fissati). Sulla base di queste rimodulazioni toccherà ora ai singoli ministeri rideterminare i propri budget agendo sulle cosiddette «spese aggredibili». Dalla rimodulazione sono state escluse solo una parte delle quote del Fondo aree sottoutilizzate che erano già state destinate al finanziamento degli interventi di ricostruzione delle zone terremotate in Abruzzo. Nella classifica dei tagli, la cui proporzionalità segue nei fatti la «capacità di spesa» dei diversi ministeri con l’eccezione del Mise, segue la Difesa, che l’anno prossimo dovrà fare a meno di 1,2 miliardi che scendono a 721 milioni nel 2013, e il ministero dell’Interno, con un taglio aggiuntivo di 424 milioni nel primo anno e 276,8 milioni nel secondo. I nuovi tagli alle spese dei ministeri sono da considerare nella loro interezza visto che, in sede di approvazione definitiva del decreto di Ferragosto, è saltata la parziale compensazione della Robin Tax, il cui gettito andrà ad attenuare soltanto i tagli ai trasferimenti previsti per Regioni ed enti locali. Di più. A questi tagli seguirà ora il previsto ciclo di spending review che verrà effettuato l’anno venturo. Una revisione in tempi stretti e che riguarderà tutte le voci di spesa delle amministrazioni, quelle di funzionamento, quelle per gli interventi e quelle suddivise in missioni e programmi. Un passaggio analitico, coordinato dall’Economia e dalla Ragioneria generale per definire i costi standard su cui definire i budget futuri, che sarà accompagnato da un’ulteriore riduzione dell’1% annuo (nel 2012 e 2013) sulle spese di funzionamento, dell’1,5% sulle spese per gli interventi e le politiche pubbliche e dello 0,5% sugli oneri di parte corrente. Completato il ciclo della spending review e fissato il nuovo punto di partenza con il criterio dello zero-based budgeting (in sostanza, l’addio alla spesa storica) la spesa primaria dello Stato potrà tornare a crescere nel triennio 2014-2016, ma solo con una variazione percentuale pari al 50% dell’aumento del Pil. Alla revisione integrale della spesa si arriverà con una sorta di piano industriale (il testo parla di «programma di riorganizzazione») che il ministero dell’Economia e gli altri ministeri dovranno presentare in Parlamento entro il 30 novembre. Ma la razionalizzazione non riguarderà solo i dicasteri: si punta all’integrazione operativa delle Agenzie fiscali per arrivare alla possibile unificazione delle strutture periferiche dello Stato in un singolo ufficio provinciale. E, ancora, un maggior coordinamento delle attività delle forze dell’ordine, la razionalizzazione della rete diplomatica e consolare e dell’organizzazione giudiziaria civile, penale e amministrativa. Previsto anche un ulteriore accorpamento degli enti previdenziali.


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