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Tagli da 7,1 miliardi: in testa lo Sviluppo
La stretta sui ministeri. Dai Fas attesi 2,1 miliardi

ROMA – La stretta sui ministeri arriva all’ultimo atto. Senza particolari sorprese visto che rimangono immutati sia il contributo chiesto complessivamente alle amministrazioni centrali in termini di impatto sul deficit (7,1 miliardi nel 2012 che scenderanno a 6 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014), sia la ripartizione tra i vari dicasteri: in testa alla graduatoria dei tagli rimane lo Sviluppo economico con 2,3 miliardi di decurtazioni seguito a ruota dall’Economia con 2,1. La principale novità contenuta nel disegno di legge di stabilità è rappresentata dunque dalla suddivisione dei sacrifici in due grandi famiglie. Accanto alle riduzioni lineari degli accantonamenti decisi dal Tesoro compare lo sfoltimento delle spese proposto dai singoli ministri e vidimato da via XX Settembre. Dei 7,1 miliardi complessivi la prima voce pesa per 2,5 miliardi mentre la seconda incide per 4,5. Quest’ultima poi suddivisa in interventi «rimodulabili» (3,8 miliardi) – che a loro volta potranno essere spostate tra le varie missioni o programmi – e «non rimodulabili» (quasi 700 milioni). Nel complesso, l’obolo che ogni ministero dovrà versare resta quello stabilito dalle due manovre estive e precisato dal decreto del presidente del Consiglio di fine settembre. Il dicastero chiamato alla rinunce maggiori resta quello guidato da Paolo Romani. Che perderà, concentrando sempre l’analisi agli effetti sull’indebitamento, 2,3 miliardi l’anno prossimo – 2,1 dei quali provenienti dal fondo per le aree sottoutilizzate (Fas) -, 3,1 nel 2013 e 2 miliardi nel 2014. Il secondo gradino del podio continuerà a essere occupato dall’Economia che l’anno prossimo dovrà lasciare sul terreno 2.118 milioni a cui si aggiungono 42 milioni di tagli al fondo interventi strutturali per la politica economica (Ispe). Nei due anni successivi la potatura scenderà, rispettivamente, a 1.278 e 1.264 milioni. In terza posizione si conferma la Difesa con 1,21 miliardi di tagli nel 2012 a cui va sommata un’altra decina di milioni provenienti dall’Ispe. A seguire si trovano tutte le altre amministrazioni: Interno (424,3 milioni nel 2012), Giustizia (196,3 milioni), Esteri (135,8), Infrastrutture (134,3), Istruzione (114,2), Politiche agricole (107,7), Lavoro (64,7), Ambiente (63,5), Salute (53) e Beni culturali (49,5). Un ulteriore elemento degno di nota è che l’epoca dei tagli lineari è destinata a chiudersi per sempre. Come ricorda anche la relazione illustrativa al Ddl di stabilità, entro il prossimo 30 novembre andrà presentato un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica nonché l’avvio di un ciclo di spending review che dovrà fissare i costi standard delle Pa centrali con cui si spera di recuperare risorse aggiuntive. Fermo restando che dal prossimo quinquennio i margini di operatività dei singoli ministeri si amplieranno visto che le rimodulazioni potranno interessare anche le poste di bilancio attualmente ritenute «non rimodulabili».


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