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Onorari sempre alla p.a. vincente
LEGGE DI STABILITÀ/Mancata attuazione di norme Ue, dimezzati i termini per i danni

Dimezzato il termine di prescrizione per chiedere i danni allo stato causati dal mancato recepimento di direttive comunitarie: è di cinque anni. E inoltre tempi stretti per contestare le progressioni di carriera nel pubblico impiego e per chiedere i danni non patrimoniali causati al lavoratore pubblico da atti dell’ente. Infine nelle cause di lavoro si pagano gli onorari alla p.a. vincitrice, anche se si è difesa con un proprio dipendente e non con un avvocato. Il disegno di legge stabilità approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri interviene pesantemente su alcune azioni, con la chiara finalità di ottenere che lo stato abbia meno esborsi in caso di soccombenza in giudizio; l’altro obiettivo è di far recuperare le spese sostenute per la difesa con proprio personale nei primi gradi delle cause di lavoro. Ma vediamo le novità in progetto.

Colpo di spugna sui risarcimento da tardivo recepimento di direttive comunitarie.
Il ddl Stabilità limita a cinque anni la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari. La disposizione in esame include, infatti, il diritto al risarcimento del danno nella disciplina dell’articolo 2947 codice civile e precisa anche che il termine del quinquennio decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato. La relazione al disegno di legge stabilisce che la norma ha lo scopo di chiarire il forte conflitto giurisprudenziale esistente sul tema del risarcimento del danno da mancato recepimento di direttive comunitarie. Solo qualche mese fa, infatti, la Cassazione (sentenza 10813 del 18 maggio 2011) si era pronunciata affermando il termine decennale. La relazione sostiene anche che la norma ha valore specificamente interpretativo e, quindi, dovrebbe applicarsi anche alle cause in corso. Questo significa che si potrà registrare un mini colpo di spugna sui contenziosi pendenti; d’altra parte la relazione esplicitamente ammette che la norma è volta sostanzialmente a ridurre l’impatto oneroso dei contenziosi. Spese legali alla p.a. che si difende senza avvocato. Nei primi gradi di giudizio delle cause di lavoro contro le pubbliche amministrazioni, queste possono stare in giudizio senza avvocato, ma avvalendosi di propri dipendenti. Il disegno di legge stabilità stabilisce che, nelle liquidazioni delle spese del giudizio (articolo 91 codice procedura civile) a favore delle pubbliche amministrazioni (quelle istituzionali definite dall’articolo 1, comma 2, del dlgs 165/2001, Testo unico del pubblico impiego), se assistite da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento degli onorari. La novità è che viene stabilito espressamente che la p.a. ha diritto al rimborso delle spese processuali calcolate con il tariffario forense. Nella giurisprudenza attuale, invece, alla p.a., che vince la causa senza avvocato, non vengono riconosciuti gli onorari, ma al massimo un rimborso delle spese vive. Questo significa che il lavoratore soccombente dovrà pagare le spese legali all’amministrazione, anche se questa non si è difesa con un avvocato. Viene così estesa anche alle controversie di lavoro una regola già dettata nei processi tributari (articolo 15, comma 2 bis del dlgs 546/1992). La riscossione avverrà mediante iscrizione al ruolo. La novità non si applica alle cause pendenti, ma solo alle controversie insorte successivamente alla futura data di entrata in vigore della legge di stabilità. Rimane fermo, invece, il mancato rimborso delle spese processuali per altri contenziosi che ammettono l’ente pubblico alla difesa in proprio (ad esempio ricorsi contro le multe del codice della strada).

Progressioni di carriera nel pubblico impiego. Il ddl stabilità propone la modifica dell’articolo 52, comma 1-bis, del Testo unico pubblico impiego, riducendo il tempo per impugnare le progressioni di carriera. Secondo il ddl tutte le impugnazioni concernenti le progressioni all’interno della stessa area, l’ammissione e la partecipazione alle medesime, e la validità, l’interpretazione e l’applicazione dei relativi atti presupposti, devono essere proposte, a pena di decadenza, entro 120 giorni dalla comunicazione dell’esito della procedura. La disposizione si applicherà per il futuro e, quindi, alle graduatorie pubblicate successivamente alla data di entrata in vigore della legge di stabilità. Danno non patrimoniale. Analogo termine di centoventi giorni è proposto per la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da provvedimenti dell’amministrazione, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle p.a. rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario. La domanda deve essere proposta entro il termine di decadenza decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione dei provvedimenti della p.a. La disposizione avrà effetto solo per il futuro, in quanto il ddl specifica che la tagliola non si applica alle domande già proposte nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge stabilità.


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