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Patto per Pompei all'Unesco
La firma martedì a Parigi per definire mosse urgenti e fare spazio ai mecenati

Martedì prossimo, a poco più di un anno dallo scempio della Schola Armatorum e a una manciata di settimane dagli ultimi crolli che hanno interessato la città antica più visitata, meglio conosciuta e peggio conservata del mondo, per Pompei si potrebbe finalmente voltare pagina. A Parigi, nel palazzo a forma di ipsilon che ospita la sede dell’Unesco, i funzionari del nostro ministero dei Beni culturali e quelli della stessa organizzazione delle Nazioni unite che si occupa di educazione, scienza e cultura firmeranno formalmente un accordo che dovrebbe allontanare lo spettro della cancellazione del sito vesuviano dalla lista dei beni patrimonio dell’umanità e, insieme, creare le premesse perché possano partire da qui a un anno i primi progetti di mecenatismo. In primis la partnership che unisce il consorzio di imprese francesi Epadesa e l’Unione industriali di Napoli. E proprio la territoriale partenopea di Confindustria presieduta da Paolo Graziano, in contemporanea, dovrebbe sottoscrivere una lettera d’intenti con Acen e regione Campania che delinei una governance condivisa degli interventi privati che insisteranno sul comprensorio vesuviano. Ma andiamo con ordine. L’intesa tra ministero – che ha già messo sul piatto per Pompei investimenti straordinari da complessivi 105 milioni – e Unesco avrà effetti per un anno, arco di tempo nell’ambito del quale Roma e Parigi lavoreranno insieme per il raggiungimento di quattro ambiziosi obiettivi, fondamentali per la tutela e la valorizzazione dell’area archeologica. Il primo: l’Unesco assiste il dicastero ora retto da Lorenzo Ornaghi nell’individuazione di esperti che possano contribuire alla realizzazione del programma “urgente e straordinario” messo a punto dal ministero e alla proiezione nel tempo di questo stesso piano. Secondo obiettivo: identificare potenziali donatori privati nazionali e internazionali da istruire sulle norme europee che regolano le sponsorizzazioni nel nostro Paese. Terzo punto fondamentale dell’accordo: una volta individuati gli interlocutori privati, il passo successivo sarà la creazione di un tavolo che concerti con il ministero le formule di sponsorizzazione. Quarto e ultimo obiettivo dell’accordo: mettere espressamente in relazione Pompei con la sua “buffer zone” (“zona tampone”) dell’hinterland vesuviano, fino a creare una rete virtuosa che la unisca con Ercolano, Oplonti e gli altri attrattori archeologici dell’area. Quali sono le aspettative alla vigilia di un appuntamento così importante? Francesco Caruso, ambasciatore consigliere speciale dell’Unesco che ha a lungo lavorato sull’iniziativa, non ha dubbi: «A partire da martedì avremo davanti un anno molto intenso che si rivelerà decisivo per il futuro del sito archeologico. Il ministero potrà accelerare sul suo programma di interventi. Al tempo stesso e parallelamente – prosegue Caruso – la conservazione e il restauro di Pompei dovranno coincidere con la valorizzazione del territorio circostante». Si potrà inoltre rispondere con rapidità a quanto il Comitato mondiale del patrimonio, all’indomani del crollo della Schola Armatorum, chiese con urgenze all’Italia: si va dalla definizione di una mappa dei rischi alla stesura di un piano di riassetto idrogeologico del sito. «Se entro il 2013 – spiega l’ambasciatore Caruso – questi interventi non saranno concretamente avviati, Pompei verrà considerata “in danger”». Potremmo, insomma, trovarci all’anticamera della cancellazione dal patrimonio dell’umanità. Intanto, l’Unione industriali di Napoli, su un tavolo poco distante da quello dell’accordo tra ministero e Unesco, dovrebbe firmare una lettera d’intenti con Acen, la sua “costola” che rappresenta i costruttori, e la regione Campania. Così da arrivare a un progetto di rilancio dell’area vesuviana fondato su “due gambe”: i beni archeologici e lo sviluppo del territorio circostante. Proprio su quest’ultimo, si potrebbe lavorare, dice il presidente degli industriali, Paolo Graziano, «per svviluppare un’offerta di servizi che arricchisca l’esperienza di fruizione del “sistema Pompei” in maniera da accrescere spesa e tempi medi di permanenza dei visitatori e attrarre nuove tipologie di turismo». Un’innovativa operazione di mecenatismo potrebbe intervenire oltre che sull’area intra moenia anche sull’area extra moenia per il passaggio dall’attuale modello di “visita agli scavi” a una “esperienza culturale prolungata e allargata”. Il tutto pagando una royalty da destinare a manutenzione, restauro e conservazione del sito. Per ora si tratta di un progetto ambizioso, tra un anno potrebbe diventare realtà.


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