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I politici non hanno capito che i votanti hanno capito

Il presidente della Came-ra Gianfranco Fini , a proposito del menare il can per l’aia, ha un curricu-lum grosso così. La sua tec-nica, non solo è nota ma an-che consolidata. Prima af-ferma, poi divaga, quindi ritarda, poi differisce, quin-di interpella e poi, se è pro-prio spinto, nega i fatti. Lo si è visto in azione a propo-sito dell’appartamento di Montecarlo ceduto a condi-zioni di favore al cognato. In quell’occasione disse so-lennemente: se tale appar-tamento risultasse ceduto inequivocabilmente a mio cognato, mi dimetterei subi-to dalla carica di presidente della Camera. L’accerta-mento è avvenuto un paio di anni fa ma Fini non ha an-cora avuto il tempo di a-dempiere alla sua solenne promessa. Poco dopo, Fini, sollecitato da più parti, ave-va promesso (anche qui so-lennemente) che, quando si fosse dimesso Berlusconi, si sarebbe dimesso anche lui. Berlusconi si è dimesso e lui è rimasto. Adesso, il go-verno Monti ha inserito del decreto salva-Italia la norma sull’adeguamento delle in-dennità dei parlamentari a quella media dei parlamen-tari degli altri paesi europei che, ça va sans dire, è più bassa di quella percepita dai parlamentari italiani. E’ sta-to affidato l’incarico di ac-certare a quanto ammonta l’indennità media di un par-lamentare europeo, per poi poterla applicare ai parla-mentari italiani, a una commissione presieduta dal presidente dell’Istat ed è sta-to fissato il termine del 31 dicembre 2011 per arrivare alla conclusione del suo la-voro. Nel caso che questa scadenza non fosse stata ri-spettata, il decreto dice che il governo sarebbe interve-nuto con un’altra norma. Alt, dice subito la Commis-sione affari costituzionali della Camera. Il governo, secondo essa, non può anti-cipare la sua volontà per de-creto. E’ anticostituzionale. Indietro tutta. Di fronte all’indignazione dei media e dell’opinione pubblica (i twitter hanno raggiunto il calor bianco) Fini ha subito fatto un passo indietro (dire marcia indietro sarebbe troppo) ed ha detto, per sal-varsi dall’indignazione po-polare, che non ha nulla contro la norma emanata dal governo ma che il testo era “scritto male”. In suo soc-corso è subito arrivato il suo amico di partito Nino Lo Presti (Fli) che ha ricordato che “i costi della politica non sono solo quelli che ri-guardano i parlamentari. Ci sono anche i direttori gene-rali dei ministeri che guada-gnano il doppio di noi”. No-tate la finezza. Lo Presti parla di “direttori generali dei ministeri” ma tutti colo-ro che sono del ramo hanno capito che si rivolgeva ai magistrati, il cui stipendio è collegato a quello dei par-lamentari. Vogliono, i ma-gistrati, dare un mano, o no, contro chi, di riffe o di raffe intende ridurre anche il loro stipendio?


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