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Sì al governo Monti da metà delle imprese ma il futuro preoccupa

Nonostante siano scettici, poco ottimisti sul futuro e decisamente arrabbiati per la stangata imposta dalla manovra, il 50% degli imprenditori dichiara di «gradire» molto o abbastanza il governo guidato da Mario Monti. Della politica, dei partiti del resto continuano a fidarsi assai poco, tant’è che solo il 27% si pronuncia positivamente su Pdl e Pd, dato che scende fino al 22% se il giudizio è sulla Lega. È quanto emerge dal sondaggio realizzato da Ipsos prima di Natale che ha analizzato gli umori e i giudizi di imprenditori, manager e liberi professionisti. E se appare scontato che la maggioranza degli intervistati esprima una valutazione negativa sul decreto «salva Italia», non va sottovalutato che c’è un altro 40%, tra gli operatori economici, che dà un giudizio positivo e la ritiene decisiva per consentirci di uscire da questo momento drammatico.
Il dato complessivo resta comunque pessimista. Imprenditori e professionisti ritengono di viaggiare a regime ridotto. Il bilancio dell’anno appena trascorso è negativo: il 50% sostiene che la situazione è andata peggiorando. Meno drastico il giudizio su quel che avverrà nel corso del 2012. Il 60% conta di riuscire a invertire il trend e punta su un miglioramento (23%) o quantomeno su un risultato stabile (37%).
Si scommette sulla capacità di proteggere la propria azienda, nonostante quasi il 70% dia per scontato che «il peggio deve ancora arrivare». È un imprenditore che sembra ancora una volta convinto di dover contare anzitutto e soprattutto sulla sua volontà di sopravvivenza. Non si aspettano certo aiuti dalle banche, in crisi di liquidità. Il credit crunch provocato (anche) dalla stretta imposta dall’Eba (l’autorità bancaria europea) si fa sentire e la maggioranza degli intervistati ritiene che rappresenterà un ulteriore ostacolo alla ripresa. Un giudizio di carattere generale che diventa però anche in questo caso meno duro quando le domande coinvolgono direttamente l’attività dell’imprenditore. Solo una minoranza (17%) denuncia infatti di aver trovato maggiori problemi per l’apertura di un credito. Quasi la metà, invece (49%), sottolinea di non aver fatto ricorso alle banche e, nel caso dei professionisti, la percentuale arriva fino al 60 per cento.
Il dato è eloquente: in un momento di totale incertezza, chi può preferisce rimanere fermo, evitare di indebitarsi e quindi anche di investire. Si attende, in primis dal governo, un segnale, un’indicazione. La riforma del mercato del lavoro è certamente tra le principali. Il dato più significativo in questo caso non è tanto la condivisione da parte di oltre il 60% del campione dell’affermazione secondo cui «bisognerebbe rendere più facile la possibilità di licenziare in tutte le aziende», con chiaro riferimento all’abolizione/rivisitazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
La risposta che davvero deve suggerire maggiore attenzione è che circa l’80% delle aziende e dei professionisti critica l’eccesso di burocrazia e la complessità del nostro mercato del lavoro e oltre il 50% ritiene che si dovrebbero ridurre i contratti precari ed atipici, facilitando le assunzioni a tempo indeterminato ma rendendo meno difficili i licenziamenti. Chiedono in altre parole la semplificazione del rapporto di lavoro.


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