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Pagamenti lenti, danno erariale

SEMPLIFICAZIONI/ La mancata adozione dei provvedimenti costa cara ai dipendenti pubblici

Contro i ritardi nei procedimenti amministrativi in campo la Corte dei conti, la responsabilità disciplinare ed erariale e l’esercizio di poteri sostitutivi.
Lo schema di disegno di legge sulle semplificazioni presentato dal Ministro della Funzione pubblica prende nuovamente di mira il rispetto dei tempi dei procedimenti amministrativi come elemento di qualità dell’azione amministrativa, introducendo disincentivi e sanzioni a violare i termini fissati dalle norme.
Corte dei conti. Ai sensi dell’articolo 2-bis, comma 1, della legge 241/1990 «Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento».
I ritardi, dunque, possono costare cari alle amministrazioni. Per questa ragione, lo schema impone di trasmettere per via telematica alla magistratura contabile tutte le sentenze dei giudici amministrativi che accolgano i ricorsi contro il silenzio inadempimento, cioè l’assenza di un provvedimento nei termini, che siano passate in giudicato. Destinataria della comunicazione deve intendersi la procura della Corte dei conti.

Responsabilità. Lo schema presentato dal ministro Patroni Griffi inasprisce il regime delle responsabilità. Attualmente, ai sensi dell’articolo 2, comma 9, della legge 241/1990, la mancata adozione del provvedimento finale nei termini costituisce elemento di valutazione solo dei dirigenti, influendo in particolare sulla responsabilità dirigenziale, non connessa ai singoli provvedimenti, ma alla complessiva conduzione delle strutture.
La modifica proposta punta, invece, direttamente sulla responsabilità individuale derivante dal singolo procedimento. Il ritardo, infatti, costituirà elemento di valutazione della performance individuale: dunque, ai fini delle schede di valutazione occorrerà tracciare se e in che misura ciascun singolo dipendente avrà causato ritardi. Ma non basta l’eventuale riduzione della valutazione: il ritardo potrà essere anche causa di responsabilità disciplinare, se, ovviamente, connesso o causa, di violazioni al codice disciplinare. Inoltre, il ritardo, nei casi di produzione di danno, sarà anche causa di responsabilità contabile (ma, anche se le norme attualmente non lo affermano espressamente è sempre stato così).
Lo schema di riforma della legge indica come soggetti responsabili sia il dirigente, sia il funzionario inadempiente.

Poteri sostitutivi. La riforma punta comunque ad assicurare al privato che un provvedimento, sia pure in ritardo, sia adottato. Pertanto i vertici politici degli enti dovranno individuare tra le «figure apicali» un soggetto cui attribuire un potere sostitutivo in caso di inerzia.
I cittadini potranno rivolgersi a tale soggetto una volta trascorsi inutilmente i termini dei procedimenti di loro interessi. Il sostituto potrà concludere il procedimento entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto (si deve presumere decorrente dall’istanza del cittadino), avvalendosi delle strutture amministrative competenti o anche nominando un commissario ad acta.
Il dirigente incaricato di sostituire gli inadempienti dovrà comunicare entro il 30 gennaio di ogni anno i procedimenti nei quali è intervenuto in via sostitutiva, così da permettere un quadro chiaro delle inadempienze.
In ogni caso, i provvedimenti adottati in ritardo su istanza dei cittadini da parte dei dirigenti sostituti dovranno indicare espressamente il termine previsto dalle leggi o dai regolamenti e quello effettivamente decorso.

Problemi applicativi. La riforma pone non poche questioni applicative. Basti pensare che tra i soggetti chiamati a rispondere a vario titolo dei ritardi non menziona minimamente il «responsabile del procedimento», ma parla impropriamente di «funzionari», termine che anche con le nuove declaratorie contrattuali non potrà che ingenerare equivoci. Nei confronti dei dirigenti, poi, sembra introdurre una sorta di responsabilità oggettiva per i singoli procedimenti condotti da altri, l’esatto opposto delle responsabilità organizzative di stampo manageriale.
Inoltre, la norma non distingue le responsabilità discendenti dai procedimenti avviati a istanza di parte e quelli d’ufficio. Il legislatore dimentica che nei riguardi dei primi il ritardo, se inteso come inerzia nel rilascio di provvedimenti favorevoli, in generale non si può determinare, visto che opera, ai sensi dell’articolo 20 della legge 241/1990, il silenzio-assenso.
Infine, negli enti locali si porrà il problema dei soggetti apicali. Nello Stato i dirigenti generali dispongono per legge di poteri sostitutivi, cosa che negli enti locali non sussiste.


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