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«In agricoltura l'Imu sarà devastante»
Per il numero uno di Genagricola la tassa sui fabbricati delle aziende del settore è depressiva: «Sono mezzi di produzione»

«Devastante». È questo il termine con cui Giuseppe Perissinotto presidente e amministratore delegato di Genagricola, holding dell’agroalimentare che fa capo alle Assicurazioni Generali – definisce il provvedimento con cui il governo Monti ha deciso di tassare anche gli immobili presenti sui poderi agricoli. Insomma, torna l’Ici e anche l’agricoltura ne fa le spese. È così? Decidere di applicare l’Imu sui fabbricati agricoli è una scelta che non esito a definire devastante per il nostro settore. Questi immobili infatti sono da considerarsi come dei veri e propri mezzi di produzione: ci sono le stalle, i fienili, i ricoveri per gli attrezzi, tutte strutture che sono a tutti gli effetti come un trattore o come una seminatrice. Quindi pensare di applicare su questi beni una tassa patrimoniale è, ripeto, devastante. In pratica, sostiene che questi immobili non hanno un vero e proprio valore commerciale? L’edilizia agricola è essenzialmente finalizzata alla coltivazione del fondo su cui si trova. Se per ipotesi, queste strutture fossero spostate da un’altra parte, perderebbero qualsiasi senso e dunque che valore commerciale potrebbero avere? Come ho già detto, i fabbricati agricoli sono mezzi di produzione: applicare ad essi l’Imu vuol dire aggravare i già striminziti fatturati agricoli e penalizzare in particolare i più giovani.
Anche il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, si è detto pronto a un intervento a favore degli agricoltori. Come giudica finora il suo operato? Intanto mi sembra che conosca molto bene la materia, dimostrandosi una persona seria e competente. Per noi è diventato da subito un punto di riferimento concreto, e speriamo che anche sull’Imu riesca a ottenere qualcosa. Inoltre conosce molto bene gli organi comunitari dove ha lavorato per lungo tempo. Speriamo che anche a Bruxelles possa far valere le nostre ragioni. Ritiene che le nostre produzioni vengano tutelate a sufficienza sui mercati esteri? L’Italia continua a conservare una sua autorevolezza a livello di qualità in campo internazionale. Ci sono poi organi di controllo che spesso fanno adeguatamente il proprio dovere. Ma ci sono venditori e venditori: ovviamente solo quelli che sanno puntare davvero sulla qualità riescono a emergere, in particolare quando parliamo di clientela straniera. In questo senso, per esempio, noi vendiamo senza problemi in Europa, Stati Uniti e Cina. Lei crede che le aziende italiane abbiano chiaro il concetto che bisogna puntare sulla qualità? Io mi confronto ogni giorno con altri imprenditori del settore. Constato sempre più il diffondersi di una coscienza secondo cui il successo sul mercato agricolo passa necessariamente dalle produzioni di qualità. In questo devo dire che poi aiuta molto la normativa sempre più rigida esistente nel nostro Paese in tema di alimentazione e i controlli che costantemente vengono portati avanti da Consorzi, Nas, Asl, tutti impegnate a garantire che sulle nostre tavole arrivino solo prodotti genuini. Detto ciò, però, la crisi continua a farsi sentire pesantemente. Oggi nel comparto agricolo dobbiamo fare i conti con una redditività bassissima, dell’ordine dell’1-1,5 per cento del valore dell’investimento. Ci sono settori in particolare difficoltà, come quello della frutticoltura e della viticoltura, che chiudono addirittura in perdita. Senza contare che a tutto ciò si sommano i problemi nel farsi pagare: una volta eravamo a 30 giorni, poi siamo passati a 60 e ora, per alcune qualità di riso, siamo arrivati addirittura a 76 giorni. Qualcuno, poi, è capace di rimandare anche alla scadenza del termine. Dunque, nulla di positivo… L’unica consolazione per chi ha investito in agricoltura è che i valori fondiari, cioè dei terreni, sono rimasti immutati. Se penso a chi invece ha investito in titoli perdendo in conto capitale, dico che almeno a noi questo non è successo con i fondi agricoli. Quanto conta per voi poter avere alle spalle un colosso come le Generali? È del tutto ininfluente dal punto di vista finanziario, perché Genagricola è totalmente indipendente: sia nella gestione ordinaria, sia dal punto di vista degli investimenti. La presenza di Generali invece si sente quando cominciamo a parlare di affidabilità e di autorevolezza. Potersi presentare soprattutto all’estero come società al 100 per cento delle Generali è spesso determinante nella conclusione delle trattative.


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